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Gli azzurri

Uberto De Morpurgo

UBERTO DE MORPURGO (HUBERT LOUIS DE MORPURGO)

Luogo e data di nascita: Trieste, 12 gennaio 1896 (morì a Ginevra, Svizzera, il 26 febbraio 1961)

Nelle classifiche mondiali (la top 10, redatta dal giornalista del The Daily Telegraph Arthur Wallis Myers dal 1913 al 1938): è stato il primo italiano a comparire in questo prestigioso ranking: fu numero 8 nel 1930, 9 nel 1928, 10 nel 1929

In Coppa Davis: dal 1923 al 1933, in 28 incontri tra nazioni vinse 55 dei 79 match disputati (39 su 53 in singolare e 16 su 26 in doppio). Raggiunse la finale interzone (sfida che qualificava al Challenge Round, cioè il confronto decisivo con la nazione che deteneva il trofeo e lo metteva in palio) nel 1928 e 1930. Dal 1928 al 1931 fu ufficialmente capitano-giocatore in 16 incontri.

Nei tornei del Grande Slam: tra il 1913 ed il 1935 giocò 9 tornei raggiungendo la semifinale a Parigi nel 1930 (battuto 75 61 62 dal francese Henri Cochet, poi vincitore del torneo), i quarti di finale a Wimbledon nel 1928 (battuto 62 63 64 dal “coccodrillo” francese Rene Lacoste che poi si aggiudicò il titolo) ed a Parigi nel 1929 (superato 9-11 3-6 6-1 6-2 8-6 dal fuoriclasse statunitense Bill Tiolden) e 2 terzi turni (Wimbledon 1929 e 1930). A fianco della statunitense Elisabeth Ryan fu finalista in doppio misto a Wimbledon nel 1925: si trattò della prima finale Grand Slam giocata da un italiano. Fu autore del più giovane esordio maschile, all’età di 17 anni, 5 mesi e 10 giorni, a Wimbledon nel 1913. Nel 1913 fu anche il secondo italiano a cimentarsi nel Grande Slam.

Agli Internazionali d’Italia: fu finalista in singolare, doppio e doppio misto nell’edizione inaugurale del 1930 a Milano. In singolare fu battuto dal fuoriclasse americano Bill Tilden, in doppio (insieme a Placido Gaslini) fu superato ancora da Tilden (in coppia con Wilbur Coen). Si impose invece nel misto (con la spagnola Lilì de Alvarez) battendo la coppia anglo-italiana formata da Pat Hugues e Lucia Valerio.

Alle Olimpiadi: nel 1924 a Parigi conquistò la medaglia di bronzo dopo aver battuto: al primo turno il lussemburghese Camille Wolff (61 60 60), al secondo lo svizzero Pablo Debran (62 63 63), al terzo il greco Avgoustos Zerlentis (60 62 64), negli ottavi il belga Jean Washer (26 64 16 64 86), nei quarti il giapponese Takeichi Harada (64 61 61) ed essere stato sconfitto in semifinale (63 36 61 64) dallo statunitense Vincent “Vinnie” Richards, poi medaglia d’oro. De Morpurgo si impose (16 61 86 46 75) nello spareggio con il fortissimo francese Jean Borotra, reduce dal successo quell’anno a Wimbledon.

Ai campionati italiani: a squadre vinse il titolo di 1° categoria (Coppa Brian) nel 1928 per i colori del TC Milano. Non giocò mai i campionati italiani assoluti di singolare ritenendoli un impegno per lui trascurabile, vinto in partenza.

Nelle classifiche nazionali: fu numero uno d’Italia per 8 anni, consecutivamente dal 1925 al 1932.

Il barone Uberto de Morpurgo

Note: Il primo giocatore di alto livello mondiale nella storia del tennis italiano. Così lo descrive il grande campione statunitense Bill Tilden nel suo libro The Art of Lawn Tennis: “È un uomo grande, longilineo e ha molta forza. Ha un servizio incredibile, di grande velocità (…). Il suo gioco da fondo è fatto da colpi piatti che mancano di velocità e della precisione che gli servirebbero per ottenere il massimo beneficio dal suo eccellente attacco alla rete. Il suo gioco di volo è molto buono, grazie alla sua grande stazza. Il suo smash, come il servizio, è potente ma irregolare. Sfortunatamente è molto lento con i piedi e così perde molto del vantaggio che acquista con la sua grande corporatura».

Alle cronache passa come un aristocratico dall’apparente aplomb signorile che però spesso diventa irascibile, sprezzante. In campo diventa aggressivo (anche con i compagni di doppio…) perché odia perdere. Spesso colpisce con cattiveria, con un ghigno suo tipico, a denti serrati.

Apparteneva all’antica (origini nel 1400) famiglia ebrea dei Morpurgo (originari di Maribor in Slovenia, i Marburg), ricchissima e nobile, che si fregiava del titolo di Baroni. Il padre Abram Ferdinando era di Trieste (al tempo territorio dell’impero asburgico), la madre inglese (poi apolide, con passaporto anche cecoslovacco). Uberto studia a Oxford dove impara a giocare a tennis e conquista (nel 1911) i primi titoli juniores. Si trasferisce poi a Parigi dove nel 1915 si aggiudica un Campionato studentesco.

Durante la Prima Guerra Mondiale viene inquadrato nell’aviazione dell’esercito austro/ungarico: dunque combatte contro l’Italia della quale successivamente, con l’annessione di Trieste, diviene però cittadino. Da noi nessuno lo conosce come tennista quando, nel 1922, gioca un importante torneo internazionale a St. Moritz battendo due campioni come i francesi Jacques Brugnon e Max Decugis prima di perdere dal fortissimo Jean Borotra, in 4 set. Così non viene selezionato in quell’anno per l’esordio dell’Italia in Coppa Davis. Ma nella stagione successiva, segnalato da Giorgio De Stefani, allora giovane giocatore, che lo ha visto all’opera (al tempo con passaporto cecoslovacco, come la madre), viene preso in considerazione e inserito in pianta stabile nella squadra di Coppa Davis che negli anni successivi portò a livelli altissimi, in grado di battere nazioni già allora di grande tradizione come l’Australia, la Gran Bretagna, il Giappone, la Cecoslovacchia.

Memorabili le sue vittorie a Genova nel 1928 contro gli australiani Gerald Patterson e, soprattutto, Jack Crawford (il primo a realizzare, nel 1933, tre quarti di Slam) che permisero agli azzurri di superare per la prima volta i leggendari “canguri”.

Fu un grande doppista: sconfitto in finale nel doppio misto a Wimbledon nel 1925 (giocava con la statunitense Elisabeth Ryan) dai fenomeni francesi Jean Borotra e Suzanne Lenglen, aveva avuto l’onore di essere scelto dalla “divina” come compagno, nel febbraio di quell’anno, per il torneo di Nizza, vinto battendo la coppia inglese formata Dorotea Lambert Chambers e Ernest Lamb.

Alla sua morte, nel 1961, su richiesta dell’allora presidente della FIT Luigi Orsini, gli venne intitolato un piccolo slargo a Roma, dove ha sede il Tennis Club Parioli.