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Progetto Campi Veloci: come è nata la rivoluzione del tennis italiano

Il direttore dell'Istituto Superiore di Formazione "Roberto Lombardi" ci racconta il progetto Campi Veloci introdotto nel 2010 e il suo impatto a tutti i livelli nel sistema tennis italiano

di | 11 luglio 2024

Rete da tennis

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Nel 2024 l’Italia ha festeggiato un titolo Slam con Jannik Sinner all’Australian Open e un trionfo in un WTA 1000 con Jasmine Paolini sul duro. Sull’erba Sinner ha trionfato a Halle, Matteo Berrettini è arrivato in finale a Stoccarda, Lorenzo Musetti al Queen’s. E il carrarino, insieme a Paolini, ha raggiunto la semifinale a Wimbledon firmando una doppietta storica: mai c’erano stati due azzurri così avanti ai Championships. I tempi degli italiani specialisti della terra rossa sembrano ormai lontani. Questi risultati rappresentano il percorso di rifondazione dell'attività giovanile, della vita dei circoli sportivi e della Federazione Italiana Tennis e Padel che ha preso il via nel 2010 con il progetto Campi Veloci.

Il progetto, ha detto a SuperTennis il presidente della FITP Angelo Binaghi commentando la vittoria di Lorenzo Musetti che battendo Taylor Fritz ha conquistato la sua prima semifinale Slam, "diede una sterzata alla programmazione e alla struttura della nostra Federazione, e fece crescere una nuova generazione di giocatori che sta trascinando l'entusiasmo dei nostri milioni di appassionati in Italia".

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Il progetto è il primo tassello di un cambiamento strutturale avviato con la nascita dell'Istituto Superiore di Formazione. L'ISF, oggi intitolato a Roberto Lombardi, è nato nel giorno in cui "il presidente Binaghi ha fatto un Consiglio straordinario a Parigi con la vittoria di Schiavone al Roland Garros trasformando la Scuola Maestri" ci racconta il direttore Michelangelo Dell'Edera.

L'Istituto, che forma gli insegnanti e si occupa anche di settore giovanile, una peculiarità unica al mondo, propone un cambiamento concettuale decisivo. "Ci eravamo resi conto che le azioni di gioco prevalenti, servizio e risposta, erano poco curate dal punto di vista didattico e questo era correlato a una mentalità legata al passato per cui erano viste come azioni di inizio gioco - ci spiega Dell'Edera -. In realtà il modello di prestazione ci diceva che queste sono azioni di fine gioco". 

Una mentalità legata alle superfici. È giusto, infatti, insegnarle come azioni di inizio gioco sulla terra battuta. Ma allora perché il modello diceva altro? "Da qui l'idea di fare un'analisi attenta con Renzo Furlan allora direttore tecnico e all'allora presidente del Comitato Regionale Lazio, Roberto Commentucci - ricorda il direttore dell'ISF "Roberto Lombardi" -. Dopo aver verificato che il 78% dei punti ATP e WTA vengono determinati su superfici dure, abbiamo deciso di cambiare la didattica del servizio e risposta e di proporre ai circoli il progetto Campi Veloci e il progetto Campi Coperti, collegato al primo, anche per dare continuità didattica nei mesi invernali".

Nel 2010, "il presidente Binaghi ha presentato il progetto Campi Veloci in una conferenza stampa con Renzo Furlan, allora direttore tecnico della Federazione, e Commentucci", ricorda Dell'Edera. Nel corso di quella conferenza stampa, viene annunciata anche "la scontistica per i circoli che avessero trasformato i campi dalla terra al duro o ne avessero realizzati di nuovi, con tre aziende allora nostri partner; e l'accordo con l'Istituto del Credito Sportivo per un finanziamento agevolato. A questo poi si è aggiunto il fondo rotativo". Nel 2019, i campi su superfici rapide nei circoli affiliati alla Federazione erano passati dai 1.000 del 2010 (meno del 10% del totale) a oltre 3.000 (quasi il 25%).

La trasformazione del sistema tennis italiano di cui il progetto Campi Veloci costituisce la prima condizione non si ferma qui. La modifica, la modernizzazione, l'ampliamento della didattica sul servizio e la risposta vanno infatti di pari passo con una trasformazione dell'attività del settore giovanile.

Dopo l'introduzione del progetto Campi Veloci, racconta ancora Dell'Edera, "ci siamo inventati nell'ultimo trimestre dell'anno la Coppa d'Inverno che si gioca esclusivamente sul duro, preludio alla Winter Cup, evento internazionale che si gioca a febbraio. Abbiamo posticipato anche i campionati nazionali Under 16, e li stiamo organizzando per anno di nascita (non più solo Under 12, Under 14 e Under 16 come nel 2010), a dicembre, sul duro. Quest'anno si giocano per la prima volta nei nostri Centri Tecnici Nazionali: quelli femminili a Formia, quello maschile a Tirrenia".

Michelangelo Dell'Edera, Direttore dell’ISF e Responsabile degli Under 16 e attività giovanili (foto Sposito/FITP)

In un sistema che funziona, tutto è collegato, trasversale. Nel sistema italiano rientra anche "il Gran Prix delle scuole tennis dove premiamo le scuole che fanno qualità. E la qualità si misura nel numero di bambini che il vivaio ha proposto per i raduni provinciali, regionali e nazionali, o per le nazionali maggiori, e al numero di ragazzi e ragazze che si sono qualificati ai campionati italiani da quella scuola. E il Gran Prix dà soldi a chi fa qualità. Inoltre, non portiamo i bimbi via da casa, ma costruiamo a casa loro un ambiente virtuoso dando borse di studio e costruendo consulenze del tecnico, del preparatore fisico e mentale e così via: un decentramento coordinato dal centro. Oggi abbiamo potenzialmente 2000 centri tecnici, uno per ognuna delle nostre scuole tennis certificate". E le scuole tennis nel 2010 erano 1200, segno di come anche i vivai si siano ampliati. E a proposito di vivai, nella loro valorizzazione rientra anche l'obbligo di utilizzare giocatori cresciuti nel circolo per le squadre che disputano i campionati affiliati.

Il risultato è la creazione di una "ragnatela tecnica per trasformare le capacità in abilità. Noi costruiamo giocatori universali che possano esprimersi su tutte le superfici e conoscere tutte le strategie fino ai 16 anni, per poi andare a specializzarsi e raggiungere il loro alto livello" spiega Dell'Edera.

I campi in cemento del Centro Federale Estivo di Castel Di Sangro in Abruzzo (foto Giampiero Sposito)

Per sviluppare queste capacità in allievi di talento, spiega ancora Dell'Edera, "ci vogliono insegnanti di talento. Oggi abbiamo i Tartarini, i Furlan, i Vagnozzi, i Tarpani, i Petrone: se nel 2010 c'erano due allenatori italiani, oggi ne abbiamo 40 di spessore mondiale. E a livello juniores ce ne sono 300 che girano per tornei. E a loro chiediamo, quando contribuiamo all'organizzazione del torneo, che i ragazzi giochino singolare e doppio, e se c'è il torneo di consolazione". Un'esperienza completa e complessiva, dunque.

Ora, conclude Dell'Edera, "è importante non distrarci. Questo errore l'abbiamo commesso un po' con le regine [Errani, Pennetta, Schiavone, Vinci]; ci eravamo un po' persi e ci siamo ritrovati. Dobbiamo mantenere la continuità".

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