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Imparare sulla spiaggia: le scuole di Beach

Quelle riconosciute sono una trentina in tutta Italia, con le regioni “di mare” a trainare il movimento. Ma la cultura della sabbia si è propagata anche a province come Bologna e Mantova. La formazione italiana? Fa scuola in Europa e nel mondo, con i programmi italiani richiesti anche dall’ITF

di | 07 dicembre 2020

Beach tennis

In Italia ci sono quasi 3.000 insegnanti di beach tennis certificati dalla FIT

Noi italiani stiamo al beach tennis come spagnoli e argentini stanno al padel. In poche parole, siamo sempre stati i migliori. Fin dalle grandi vittorie dei primi anni 2000, ci si potrebbe spingere a dire che, in fondo, il beach lo abbiamo inventato noi. E lo abbiamo pure dominato, a livello internazionale. Adesso la concorrenza si è fatta più spietata. Le nazioni competitive ai più alti livelli sono praticamente triplicate rispetto alla decina che erano soltanto 10, 15 anni fa.

Per mantenere la posizione dominante c’è da lavorare sodo, come si è cominciato a fare già dal 2014/2015 in maniera strutturale e strutturata, sistemica. Sull’onda dei successi d’inizio millennio, si è sviluppato un movimento che ha visto crescere e consolidare l’attività specialmente in alcune regioni, laddove per motivi geografici le spiagge - e dunque il beach - sono regine.

E così Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Liguria, Sicilia e Sardegna primeggiano da allora e fino a oggi. Sotto tutti i punti di vista, per numero di atleti, strutture, scuole… Ma non si creda che il resto d’Italia stia a guardare. “Ci sono scuole di qualità anche in città come Roma o in province come Bologna, Modena e Mantova”, spiega Michelangelo Dell’Edera, direttore dell’Istituto Superiore di Formazione ‘R. Lomabrdi’.

È la cultura della spiaggia che si estende anche là dove manca il mare. Ma non manca un rettangolo di sabbia, meglio se diviso a metà da una rete. “Il lavoro sul territorio ha portato promozione, continuità, cultura”, sottolinea Dell’Edera. I Maestri Nazionali certificati di Beach Tennis sono un’élite, mentre gli Insegnanti riconosciuti e formati superano le 2.500 unità.

Il Beach Tennis in Italia si sta sviluppando anche in province "senza mare" come Bologna, Modena o Mantova

“I grandi risultati ottenuti dai nostri tra 2004 e 2006 hanno avuto il merito di spingere molto la pratica del beach - aggiunge Dell’Edera - ma il rovescio della medaglia è che si è innescato un meccanismo di ‘isolamento’ simile a quello che aveva colpito il tennis negli Anni ’70. Adesso c’è bisogno di creare sinergie, fare sistema, proprio come quello che sta avendo risultati impressionanti nel tennis”.

Simona Bonadonna è la responsabile della formazione dell’I.S.F. per il beach tennis, una figura di alto profilo riconosciuta anche a livello internazionale. Oltre a essere sulla panchina azzurra quando si gioca, in qualità di capitano della Nazionale, Simona viene spesso coinvolta in qualità di formatrice nei corsi tenuti a livello internazionale dall’ITF.

“I programmi didattici dell’Italia in materia di beach vengono diffusi in tutto il mondo - sottolinea Dell’Edera -, ci sono stati richiesti negli anni e vengono utilizzati con continuità. Al momento in Italia abbiamo una trentina di scuole riconosciute dalla FIT, e l’appello accorato che mi sento di fare riguarda proprio questo: effettuate la procedura di riconoscimento delle scuole, perché non solo consente di accedere a diversi benefit e vantaggi, anche economici, ma ci permetterà di ‘fare sistema’ nel lungo periodo”.

Simona Bonadonna, selezionatore e coach della nazionale azzurra “pro” e responsabile della formazione dell'ISF

“Il sogno nel cassetto è quello di avere sempre più club in grado di abbracciare tutte le discipline con racchetta, tennis, padel e beach”. Anche se non sono pochi i casi in cui il sogno è già realtà: “Su due piedi mi vengono il mente il Villa Carpena di Forlì, ma anche il Montekatira di Catania, il Circolo del Tennis e della Vela Messina, ma anche lo Sporting Milano 3… tutte strutture che già offrono il ventaglio più ampio di discipline”.

Un obiettivo alla portata di una nazione che grazie alla struttura federale s’è ‘inventata’ anche il mini-beach tennis, come spiega il direttore dell’I.S.F.: “Abbiamo costruito per primi al mondo un impianto di regole che consentisse l’attività anche agli Under 10, 12, 14 e 16”. Senza nemmeno bisogno di modificare gli attrezzi, come invece era successo per il padel: “Le racchette da beach tennis hanno dimensioni contenute e pesi ben distribuiti, quindi risultano maneggevoli anche per i più piccoli. Così abbiamo ridotto le dimensioni del campo e abbassato la rete, piccoli aggiustamenti che possono portare grandi benefici”.

Le immagini dei Mondiali a squadre 2019

Anche in termini di multidisciplinarità, perché i transfer positivi non mancano: “Certe dinamiche del beach tennis aiutano molto nella costruzione di atleti efficienti anche nelle altre discipline con racchetta, come il tennis - suggerisce Dell’Edera -. Pensate soltanto a tutti i colpi che nel beach si giocano sopra l’altezza della spalla: bene, questo aiuta molto ad abituarsi e trovarsi più a proprio agio nelle stesse situazioni che capitano durante un match di tennis”.

Non solo, il beach rende i piedi più... intelligenti. “Muoversi e spostarsi sulla sabbia, a piedi nudi, permette ai piedi di abituarsi a movimenti, torsioni e appoggi che nel tennis di oggi sono ‘ovattati’ dalle moderne tecnologie presenti nelle calzature. Scarpe certamente più comode ma che hanno fatto ‘dimenticare’ ai piedi alcune caratteristiche di risposta fisica che possono invece essere importanti nel lungo termine anche per prevenire infortuni”.

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