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Da Olbia a Roma e ritorno con il tennis nel sangue: tra incontri vip e successi Rosa Mazzone si racconta a 360° tra passato, presente e un futuro anche cinematografico
di Valentina Guido | 19 febbraio 2021
“Sono nata per fare sport”. Una pallina, un destino: quello di Rosa Mazzone, la prima Maestra della Sardegna e tuttora la più esperta che abbia mai calcato i campi della nostra Isola. Tuttavia, la campionessa sarda del 1979 e dei Giochi della Gioventù di Oristano del ’77 non è nata con la racchetta in mano, avendo cominciato soltanto nel ‘75 alle scuole medie. Da allora però ha bruciato le tappe, saltando il corso per istruttori e andandosi a prendere direttamente il titolo di Maestra a Roma. Oggi insegna al Tennis Club Terranova, a Olbia, nella Scuola addestramento tennis per bambini e bambine.
Bjorn Borg, Gigi Riva, Adriano Panatta, Loredana Bertè, Marina Swarovski, Fabrizio De Andrè: sono tante le celebrità che Rosa ha conosciuto nel corso di una vita avventurosa, segnata dall’amore e dalla malattia. Nel suo futuro c’è un film: s’intitola “Donoria” e sarà recitato in lingua sarda. E ora che sui social network è diventata un’influencer, la coinvolgiamo in un’intervista a tutto campo.
Quando hai incontrato il tennis?
Ho conosciuto il tennis nel ’75, all’età di 13 anni in un progetto scolastico. Era un corso di 15 giorni, una grande novità per me. E’ scoppiata subito una grande passione. Penso di essere nata per fare sport. Devo ringraziare la mia professoressa di matematica delle scuole medie per avermi consigliato di partecipare al corso. Lei purtroppo non c’è più.
In casa non c’erano soldi per comprare una racchetta, così mia nonna mi diede 5000 lire. La racchetta ne costava 4500. Mi portarono a un torneo, ma non conoscevo le regole e persi. Non ho mai fatto una scuola tennis. Allora andai a Berchiddeddu dove c’erano quattro campi e un signore che mi aiutò. Da lì iniziai a giocare. Di lui mi sono innamorata, ma era molto più grande di me ed era sposato. E’ stato uno scandalo, però non mi sono mai pentita di aver scelto l’amore.
Chi sono stati i tuoi primi maestri, a parte il muro?
Il primo maestro in quel progetto scolastico era Roberto Madrigali di San Gavino Monreale. Dopo un paio di palleggi, mi ha chiesto dove giocassi, ma per me era la prima volta. Lui capì subito che ero molto portata. Poi c’è stato Roberto Caddeo che era venuto a Olbia da Cagliari. Mi è stato vicino durante i Campionati Sardi del ‘79, mi permetteva di andare a giocare nei suoi campi. Altrimenti non me lo sarei potuta permettere. Nel tennis, ho ricevuto tanto aiuto sia a Olbia che a Roma, anche se mia madre diceva: “Non lo so dove andrai con questo carattere”. Ma io la tempesta la vivevo solo in casa. Avevo un carattere prepotente, ma ora sono cambiata. Sono più calma, ma non troppo.
Devo ringraziare la dottoressa Simonetta Oggiano, una pediatra di Olbia che purtroppo è venuta a mancare. Nel ‘76 avevo partecipato ai Giochi della Gioventù a Sassari assieme alla figlia della dottoressa che però perse al primo turno. Nonostante questo, l’indomani Oggiano mi ha accompagnato ugualmente a Sassari per farmi proseguire il torneo. Mi ha regalato una borsa e un vestitino sportivo che conservo ancora.
Quando hai capito di voler fare la maestra di tennis?
Il desiderio di fare la maestra è nato dopo che sono andata a Roma, perché quello doveva diventare il mio lavoro. Conservo ancora la lettera che scrissi a una maga per chiederle se un giorno ci sarei riuscita. A quel tempo a Roma mi ospitava una signora benestante che mi ha trattato come una figlia. Si chiamava Vianella. Ripensandoci oggi, avrei continuato a studiare almeno fino al diploma perché la scuola è importante.
Come ricordi gli anni romani?
Mi avevano proposto di fare il corso per istruttori a Cagliari, ma io sono voluta andare a Roma a fare direttamente il corso per Maestra, bruciando le tappe. Volevo capire fino a dove sarei potuta arrivare. E’ stata un’esperienza che mi ha dato una marcia in più.
Giocavo al circolo Gianicolo con 21 campi, dove è cresciuto Pistolesi. Me lo ricordo, era piccolino. C’era il maestro Massimo Corrado e il destino ha voluto che lui avesse casa anche a Olbia. Grazie a lui ho fatto molti progressi tecnici, sono cresciuta tanto. Mentre seguivo il corso per diventare Maestra di tennis, lavoravo nei Centri estivi a Sesto. Mi davano una borsa di studio di 300mila lire ma pagavo un affitto di 400mila lire. Condividevo la casa con Simonetta Bozzano, la mamma di Stefano Travaglia che seguiva il corso per Maestra con me; era molto forte. Durante il corso, Simonetta ha conosciuto suo marito, si sono sposati ed è nato Stefano Travaglia! Tutti i giorni andavamo a scuola con il mio vespino. Siamo sempre in contatto tramite Facebook. Ho vissuto molto bene quel periodo: quando è arrivata la targa alla fine del corso Maestri, il 6 ottobre 1981, era come una laurea. In quei cinque anni a Roma mi sono data da fare.
Come si definisce un buon maestro di tennis?
Oggi è cambiato tutto, ma allora si doveva saper giocare bene anche per diventare istruttori. Un buon maestro, come un buon allenatore, dovrebbe aver giocato a sua volta. Inoltre, dovrebbe avere grande passione e conoscere il tennis. Molti non hanno quella passione che avevo io. Ci vuole tanto studio per fare il maestro e devi conoscere bene il tennis. Io ho ripreso l’attività nel 2011 dopo una pausa di 18 anni per problemi di salute. Oggi ai ragazzi bisogna insegnare le basi del movimento, quindi ci vuole ancora più lavoro.
Tu sei l’unica maestra del Nord Sardegna assieme a Barbara Galletto. Perché siete così poche?
Purtroppo non me lo so spiegare neanche io. Molte maestre sono quelle di vecchia data, tra le giovani conosco solo Barbara Galletto di cui ho grande stima. E’ lei la prima che ho incontrato quando ho ripreso l’attività. E’ molto solare e ha tante energie. Quindi perché le maestre in Sardegna sono così poche? Evidentemente a 17-18 anni le donne smettono: c’è troppa distrazione, non c’è fame, non c’è passione. Io avevo fame, voglia di vincere, volevo diventare la più brava. Ho ancora un quaderno su cui scrivevo tutti i risultati delle partite. Desideravo essere una Maestra. Era il mio sogno e l’ho realizzato, nel mio piccolo.
Raccontaci i tuoi incontri con i campioni e le campionesse
L’incontro con Borg è stato un regalo della vita. L’ho visto la prima volta a Stintino al Rocca Ruja dove era andato con Zugarelli per un’esibizione. Poi negli anni ‘90, quando stavo già male, mi trovavo in una clinica romana e sul giornale ho letto: “Borg in Sardegna a Cala di Volpe”. Così sono partita con mia madre per tornare sull’Isola, portandomi dietro un paio di riviste “Match ball” che parlavano di Borg. Lui e la signora Bertè sono stati molto disponibili e ho passato tre giorni indimenticabili. Gli ho regalato un mazzo di fiori. Borg era bello e gentile, aveva capito che ero un’appassionata. A Porto Rotondo, poi, ho conosciuto anche Panatta. Anche lui aveva un grande talento. Un altro ricordo è legato a Gigi Riva: è lui che mi ha fatto i complimenti più belli a Cagliari nel ’79: “Non ho mai visto nessuno correre come questa ragazzina”, disse.
Tra i tennisti e le tenniste di oggi chi preferisci?
Non c’è nessuno come Borg. Lo stesso tra le donne. A livello femminile mi piaceva Martina Navratilova: come lei, anche io andavo a rete, si può dire che facevo tutto io, mi inventavo la partita, ero una giocatrice brillante. Un po’ alla McEnroe però amavo Borg, la sua calma e il suo stile.
Hai avuto una grave malattia. Come hai superato i momenti più difficili?
Penso che mi abbia aiutato il mio carattere, sono sempre stata solare fin da bambina. Lo dico con vanto, sono stata sempre allegra, gioviale con gli altri, e apprezzo quello che la vita mi ha dato. Da piccola ero molto curiosa, non avevo paura di nessuno.
Poi c’è stata la malattia: la spondilite anchilosante. Mi faceva star bene prendere in mano la chitarra, anche se mi dava dolore la postura. Ora la malattia ogni tanto si sveglia come l’Etna, ma meno che in passato. Mi aiutano gli amici che mi stanno vicini. A volte basta una telefonata, un complimento. E mi aiuta aver ricominciato a lavorare, per questo ci tengo a ringraziare il Tennis Club Terranova che mi ha dato fiducia in questi anni, in particolare il presidente Alessandro Masala.
Cosa ti piace del tennis?
Mi ha sempre divertito. Oggi mi piace perché lavoro con i bambini, ma in passato per me la bellezza del tennis era vincere. Alcuni bambini hanno paura delle gare ma io non temevo di affrontare la partita o il torneo perché avevo già conosciuto la sconfitta giocando a briscola con nonna! Ero un’incosciente. Una sconfitta era un mio dramma personale ma nessuno dei miei genitori mi ha mai fatto pressione, me la sono sempre sbrigata da sola.
So che ami anche il calcio e che giocavi, è vero?
Giocavo solo la domenica, nella Juventus. In tempo di Covid però questa passione è calata, la mia mente ora è presa da altre cose. La sto vivendo abbastanza bene ma sono rattristata dalla sofferenza delle persone che hanno più problemi di prima. Sono tramortita più che nel primo lockdown. Non è più come prima. Non riesco più a pensare al campionato di calcio, non l’avrei fatto ripartire. Ma la morte di Maradona mi ha fatto male. L’altra sera ho riguardato una partita del Campionato del Mondo. Ho vissuto intensamente quel periodo. Lui era un fenomeno negli anni ‘80, con tutte le sue pecche. Quando è morto ho pianto.
Altre passioni al di fuori dello sport?
Una volta amavo viaggiare, ma dalle Torri gemelle in poi ho paura. Ero partita nel 2005 in Usa ad Atlanta, ricordo tutti i controlli di sicurezza, sono rimasta scioccata. Ho capito la cattiveria dell’uomo. Una mattina ti svegli e così, cadono le torri…ormai preferisco visitare la Sardegna.
Parliamo del tuo rapporto con i social media: quando e perché è iniziato?
Quando mi sono avvicinata a Facebook l’ho sempre fatto in modo tranquillo pubblicando foto e post. Poi le cose sono cambiate per via dei turisti che venivano in Sardegna e si lamentavano. Oggi chiunque pubblica qualsiasi cosa e mi disturba che parlino male della nostra Isola. Così ho fatto diversi video, anche “pesanti”, che nascevano dalla rabbia.
Da “influencer”, ci descrivi il tuo rapporto con i follower?
Durante la pandemia io e i follower ci siamo fatti compagnia. Mi dimostrano affetto, mi scrivono tutti i giorni, mi hanno mandato in regalo le mascherine. Ci sono follower da tutte le parti del mondo perché i sardi sono ovunque. Il mio rapporto è buono, ma quando qualcuno esagera lo blocco perché in casa mia entra chi mi vuole bene! Tante persone mi seguono perché amano la Sardegna e ascoltano il sardo, anche se non lo capiscono.
Progetti per il futuro?
Il mio sogno è partecipare a un film che verrà girato in Sardegna. Il regista è Fabio Manuel Mulas di Alghero che ho conosciuto su Facebook. Ha girato un film intitolato “Bandido e balentes”. Un giorno sono entrata in una sua diretta e mi ha detto: “Sarai una delle protagoniste nel mio prossimo film”. E’ successo tra fine 2019 e inizio 2020; a marzo ci siamo conosciuti di persona a Ozieri. Sarà un film ambientato nel 1300 ai tempi di Eleonora d’Arborea, e io interpreterò la madre badessa, un ruolo molto importante. Ho già il copione. La storia avrà luogo in varie località della Sardegna tra cui Burgos. Il casting doveva partire a marzo ma poi hanno chiuso tutto. L’intenzione del regista è di portarlo a termine, nonostante il Covid. Il film s’intitola “Donoria” (n.d.r).
Hai mai recitato?
No, Fabio Manuel Mulas fa lavorare le persone comuni. Sarà un colossal in costume con moltissimi attori e comparse.
Giochiamo un po’. Se Rosa Mazzone fosse un piatto della tradizione sarda, sarebbe…?
I ravioli con la ricotta, non quelli dolci.
Un dritto o un rovescio?
Un rovescio. E’ il colpo che madre natura mi ha regalato. Lo facevo a una mano in tutti i modi. Le mie avversarie non capivano che ero più forte da quella parte.
Che colore sarebbe?
Rosa – amo i colori pastello. Sono colorata anche nell’abbigliamento da tennis.
Che canzone?
“Bocca di Rosa” perché mi piace De Andrè; l’ho conosciuto a Tempio prima del sequestro. Sono stata a casa sua. Ero emozionata, allora non era facile incontrare personaggi come lui. Aveva suonato qualche canzone e c’era anche Cristiano.
Che social network?
Facebook. Ma sono fatta in casa, ho imparato il copia-incolla avantieri!
Rosa Mazzone sarebbe birra o vino?
Per la mia Sardegna voglio essere birra, un po’ effervescente e fresca!