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Il piemontese puntava a far bene anche in singolare, col suo gioco atipico che lo vede spesso col naso sulla rete. Ma fin qui è la specialità di coppia ad avergli regalato le maggiori soddisfazioni. Con un paio di sogni nel cassetto importanti e con Sonego come spalla ideale
di Raffaele Viglione | 09 novembre 2020
Un doppio piemontese per il futuro della Davis italiana? Non è da escludere, ma prima ci sono alcuni scalini da salire, a partire dall'ingresso nel mondo degli appuntamenti Slam.
I presupposti perché Lorenzo Sonego e Andrea Vavassori possano scrivere pagine importanti insieme, come doppio azzurro, sono più d'uno: entrambi torinesi, sono nati a meno di una settimana di distanza (Andrea il 5 e Lorenzo l'11 maggio 1995) e si incrociano sui campi da tennis fin da quando erano under. Sonego ha appena dimostrato ancora una volta il suo potenziale, raggiungendo la finale nell'Atp 500 di Vienna e salendo sino alla posizione numero 32 al mondo; Vavassori è il secondo miglior italiano per ranking in doppio (al numero 102), dietro a Bolelli, il quale, però, ha 10 anni più di lui.
Insieme hanno fatto benissimo agli Internazionali di Roma 2020, arrivando ai quarti di finale. Anche in singolare Andrea ha ottenuto buoni risultati prima del lockdown, entrando nel top 300. In un periodo di riposo forzato, un po' per il secondo lockdown piemontese, un po' per le conseguenze del dolore al gomito che lo tormenta da mesi e un po' per la quarantena in cui si trova, in seguito alla positività al Coronavirus del padre Davide (che è anche il suo allenatore), Andrea Vavassori ha modo di fermarsi un attimo per riflettere sui risultati ottenuti e su quanto potrà raggiungere nei mesi a venire.
Andrea, hai già una discreta esperienza nel circuito Challenger, ma un'età per cui è più che lecito sognare di fare ancora significativi passi in avanti.
“Quest'anno è stato un anno po' complicato, ma sono comunque riuscito a fare buoni risultati, specie in doppio. Mi ero preparato molto bene e a inizio anno mi sono preso belle soddisfazioni nei Challenger in Australia, raggiungendo la finale in doppio e la semifinale in singolare, battendo due top 100. Poi il lockdown di marzo ha complicato un po' tutto, anche perché il dolore al gomito mi ha limitato, inducendomi a non sforzare troppo l'articolazione e puntare solo sul doppio. Sono contento perché, una volta ripartita la stagione, con Sonego abbiamo fatto molto bene, dimostrando di poter competere con qualsiasi coppia. A Roma, per esempio, abbiamo vinto contro Rajeev Ram e Joe Salisbury, che occupano le prime posizioni della classifica mondiale”.
Competitivi al punto dai poter pensare di avere possibilità per la Davis e le Olimpiadi?
“È bello sognare di poterci arrivare. Io e Lorenzo siamo piuttosto giovani e non abbiamo fretta, dobbiamo crescere e farci trovare pronti per palcoscenici importanti. Le Olimpiadi sarebbero un bel traguardo. Nel doppio il problema è avere la classifica per entrare in tabellone. In Italia ci sono pochi tornei che danno tanti punti e questo complica le cose, perché la differenza di livello tra i tornei Challenger di doppio e quelli Atp non è grandissimo, ma è difficile entrarci. Con Lorenzo, visto che lui ha una classifica ottima in singolare, possiamo puntare a giocare degli Slam: la nostra classifica “combined” è 130, quindi ci sono ottime possibilità di entrare. Se in Australia, in coppia con Lorenzo, prendessi un po' di punti per salire sarebbe un bel passo in avanti”.
Fare coppia in doppio con un giocatore “serve and volley” come te deve essere anche un piacere. Come hai coltivato queste doti di attaccante?
“Fin da piccolo mio padre ha cercato di aiutarmi a costruire un gioco da tennista un po' atipico, prendendo ispirazione da atleti un po' diversi dai canoni di oggi, come Pat Rafter e Pete Sampras. I quali, però, giocavano su superfici più veloci di quelle odierne. In ogni caso il mio sistema di gioco può essere utile anche oggi per il doppio e penso che su superfici rapide possiamo esprimerci a livelli ancora più alti di quelli mostrati sin qui”.
A questo punto si può dire che hai eletto Sonego a tuo compagno di doppio ideale?
“Il primo Challenger di doppio lo abbiamo vinto insieme ad Andria, nel 2017. Dopo ci sono state meno occasioni di giocare insieme, perché lui è salito tanto in singolare e non abbiamo più participato agli stessi tornei. Quando è stato possibile farlo, però, non abbiamo sprecato l'opportunità. Il mio obiettivo per il prossimo anno è di stabilizzarmi intorno alla cinquantesima/sessantesima posizione mondiale di doppio e giocare con continuità insieme a lui”.
Non temi che, visti gli ultimi exploit, Sonego potrebbe puntare in via esclusiva sul singolare?
“Di lui sono sicuro: è talmente un agonista che qualsiasi sia la competizione a cui partecipa, è sempre concentrato al cento per cento. In Sardegna giocava il singolare e per lui era importante prendere punti. Aveva battuto Zeppieri la mattina e giocava il doppio con me nel tardo pomeriggio. Contro Fognini e Musetti abbiamo fatto una partita pazzesca: oltre due ore di gioco, annullando 10 match-point. Lui il giorno dopo avrebbe giocato il singolare, ma non si è risparmiato, perché Lorenzo è uno che dà sempre il massimo”.
Vale anche il contrario, per te: avere buone prospettive in doppio non ti induce a mettere in secondo piano il singolare?
“Io penso che una specialità aiuti l'altra. Il doppio mi è servito per giocare con costanza nei Challenger e questo mi ha consentito di salire anche in singolare”.
Che cosa pensi di poter imparare da lui e cosa puoi insegnargli?
“Mi aiuta molto avere una spalla come lui in doppio: è sempre carico, positivo, pieno di grinta, ma sereno, pronto a sorriderti anche dopo un errore. Il suo non mollare mai è un insegnamento che mi porto dietro in singolare. Quando esce dal campo ha sempre dato tutto quello che aveva. Non ha rimpianti. Se ha perso, è perché l'altro è stato più bravo. Da me, invece, lui può prendere spunto per una maggior propensione al gioco in avanti, al muoversi in campo e alla dimestichezza con schemi di gioco diversi”.
A Vienna in effetti ha preso più spesso la via della rete, anche con buoni risultati. Merito tuo, quindi?
“[Ride] In effetti ha giocato molto bene a rete e mi ha colpito il fatto che in più circostanze è andato avanti senza paura. Quando ha battuto Djokovic è stato davvero pazzesco. Sono contento per lui e per Gipo (Arbino, il suo allenatore, ndr) che ha sempre creduto in Lorenzo: se lo meritano”.