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Il piemontese dedica il primo titolo dalla pro alla famiglia e al suo staff. "Col servizio ho lavorato molto, ed è il colpo che mi ha permesso di fare la differenza nella settimana in Kazakistan. Ora eviterò le qualificazioni, spero di continuare a crescere"
di Raffaele Viglione | 02 giugno 2021
'Quando l'allievo è pronto, il maestro appare', dice il proverbio. Edoardo Lavagno non aveva bisogno di maestri (ha già Laurent Bondaz da oltre un decennio e uno staff di ottimi professionisti che lo seguono), ma gli occorreva un titolo Itf che certificasse il suo salto di qualità. Quando è stato pronto, ad apparire è stata la vittoria. Si è materializzata a 5.000 chilometri dalla sua Torino, in un M15 disputato a Shymkent (Kazakistan), a un mese di distanza dal torneo precedente. Ma soprattutto la vittoria è apparsa dopo che nel corso degli anni il 22enne piemontese ha dovuto affrontare infortuni seri e riabilitazioni impegnative, tanto che gli era stata prospettata la fine della carriera. Oggi a finire, invece, è stata l'attesa di una vittoria. A poche ore dal successo in Kazakistan, il mancino piemontese si dimostra raggiante e lucido allo stesso tempo.
Edoardo, quale è stato il momento più difficile da gestire a livello mentale ed emotivo in questa settimana che ti ha visto partire dalle qualificazioni e arrivare a sollevare il trofeo?
“Non mi viene in mente un episodio in particolare, perché come sempre ci sono stati più momenti di difficoltà all'interno di ogni partita. Fortunatamente, anche grazie a un lavoro specifico che sto facendo da qualche anno con il preparatore mentale Tommaso Iozzo, sono riuscito a gestire queste difficoltà abbastanza bene”.
A giudicare dallo score, nemmeno il fatto di giocare la prima finale Itf ha cambiato il tuo rendimento. Non hai sentito pressione?
“Ho sentito sì pressione, ma era positiva: ero carico, avevo voglia di fare bene e di finire la settimana con la ciliegina sulla torta. Ero tranquillo, consapevole di poter fare il mio gioco; mi sentivo in fiducia, stavo esprimendo un buon livello di tennis, quindi sono entrato in campo con il pensiero di godermi questa esperienza nuova, dando tutto quello che potevo”.
Quest'anno hai sempre fatto strada nei tornei Itf, arenandoti però ai quarti. Cosa è cambiato questa settimana?
“Non saprei, nello specifico. Forse avevo un po' di consapevolezza in più che mi ha permesso una diversa gestione delle partite. Non pensavo a fare bene nel torneo, come mi capitava prima; pensavo a giocare punto dopo punto, partita dopo partita. Non mi sono mai focalizzato sull'andare avanti, sul dover per forza fare risultato. Sentivo di poter fare bene, senza però avere l'ansia di dover fare risultato. Ero tranquillo in campo e riuscivo a giocare in libertà quasi tutti i punti”.
Cosa cambia con questa vittoria, a livello di programmazione, ma soprattutto a livello di approccio ai tornei?
“Ora dovrei riuscire a giocare nel main draw di quasi tutti i tornei di questa categoria ed è un bel vantaggio, perché le qualificazioni tolgono sempre tanta energia fisica e nervosa. Sono due o tre partite in più da disputare, mai semplici perché il livello è alto e tutti ormai giocano bene. Ora sono consapevole di essere competitivo, di poter fare partita con chiunque a questo livello”.
A livello di colpi, chi ti ha visto giocare sa che sei un tennista completo. C'è un fondamentale, però, che questa settimana ti ha dato particolarmente una mano?
“Questa settimana il colpo che mi ha aiutato di più è stato il servizio, su cui sto lavorando molto con il mio coach Laurent Bondaz. Abbiamo cambiato alcuni particolari a livello di tecnica e i risultati iniziano a vedersi. Un buon servizio, con cui riesci a toglierti da alcune situazioni d'impiccio e che ti permette di vincere punti senza giocare o perlomeno di impostare lo scambio comandandolo fin dall'inizio, ha rappresentato una gran bella differenza”.
Il primo torneo vinto, come ogni premio che si rispetti, merita di essere celebrato anche con ringraziamenti ad hoc. A chi dedichi questo titolo Itf?
“Non posso che dedicarlo ai miei genitori e a mia sorella, che hanno faticato e fatto sacrifici incredibili fin da quando ero bambino per permettermi di arrivare a giocare tornei come questo. Penso poi al mio club, i Ronchiverdi di Torino e al suo staff, a Laurant Bondaz che è il mio maestro da 10 anni, a Tommaso Iozzo, ad Andrea Lemma, anche lui al mio fianco da sempre”.
E poi, non puoi non dedicarlo anche a te...
“Ho passato momenti difficili, ho affrontato infortuni, subìto operazioni, passato lunghi periodi lontano dai campi, cercando di mantenere la condizione per tornare competitivo. Non ho mai mollato, nemmeno quando mi hanno detto che non avrei più potuto giocare a tennis. Mi sono attaccato a un sogno che coltivavo sin da bambino e sono andato avanti. Per questo dedico anche a me questa vittoria, considerandola l'inizio di una bella avventura”.