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A quasi 36 anni annuncia l’addio al tennis giocato il comasco Andrea Arnaboldi, per lungo tempo uno dei giocatori simbolo del movimento lombardo. Un signore in campo e fuori, capace di incantare con un tennis sublime e portarsi a casa addirittura un record al Roland Garros
13 dicembre 2023
Andrea Arnaboldi è sempre stato un tipo di poche parole. In campo, preferendo far parlare una delle racchette più educate negli anni recenti del tennis italiano, e pure fuori. Così, anche per annunciare l’addio al professionismo è stato fedele al suo modo di essere, con un breve post su Instagram accompagnato da alcune delle immagini più significative della sua carriera. “È stata una scuola di vita – ha scritto il canturino –, e sarò infinitamente grato a questo sport. Si chiude un capitolo importante e se ne apre uno nuovo ricco di progetti e con la voglia di trasmettere tutta l’esperienza acquisita. Ringrazio tutte le persone che hanno avuto modo di condividere con me questo bellissimo percorso”.
Una notizia che non sorprende, a causa della carta d’identità (il 27 dicembre le candeline sulla torta saranno 36) e soprattutto di una classifica da numero 732 ATP che non rende più onore a un ragazzo capace per anni di rappresentare il movimento lombardo, incantando con un tennis mancino di rara classe ed eleganza. E si è anche tolto grandi soddisfazioni: nel suo periodo migliore è arrivato al numero 153 della classifica mondiale, in quel 2015 che verrà ricordato come l’anno dei miracoli al Roland Garros.
In quell’edizione Arnaboldi vinse la sua unica partita in un torneo del Grande Slam, battendo l’australiano Duckworth al primo turno, ma soprattutto raggiunse la popolarità internazionale per la vittoria nelle qualificazioni contro il francese Pierre-Hugues Herbert, superato per 6-4 3-6 27-25 nell’incontro di tre set più lungo di sempre, per durata (4 ore e 30) e numero di game giocati (71). Due record che difficilmente gli verranno mai tolti, dato il cambio delle regole che ora prevedono il tie-break al terzo set.
Ma ridurre la carriera di Arnaboldi a quel Roland Garros sarebbe sbagliato: è stato l’apice, ma in oltre vent’anni trascorsi nel circuito il comasco ha fatto anche tanto altro. Gli è mancato un titolo Challenger che avrebbe meritato come pochi altri (lo dicono le 2 finali e 17 semifinali giocate), ma ci sono 7 successi a livello Itf, tante vittorie contro avversari di primissima qualità e soprattutto l’ammirazione e il rispetto di tutti i colleghi, per la disciplina mostrata lungo il suo percorso sportivo.
Il suo ultimo torneo giocato rimarrà quello di casa, il Challenger della scorsa estate a Como, dove venne premiato per aver partecipato a tutte le 17 edizioni disputate dal 2006 in avanti. Mancherà a quella della maggiore età, ma il cognome Arnaboldi ci sarà ugualmente, portato in tabellone dal cugino Federico. Andrea gli ha fatto da modello per anni e anni, poi l’ha accompagnato nelle prime fasi della sua carriera e ora gli ha passato definitivamente il testimone, con l’augurio che possa fare ancora meglio di lui. Sarebbe il primo a esserne contento.