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L’Italia che cresce con le sue accademie

All’inizio degli Anni 2000 si contavano sulle dita di una mano, oggi le strutture private di altissima qualità sparse per tutta Italia sono numerosissime. E pienamente integrate, per filosofia e metodi, con le linee guida seguite dal Sistema Italia. Il direttore dell'ISF Dell'Edera analizza tre approcci: Riccardo Piatti, Vincenzo Santopadre e Fabio Gorietti

28 marzo 2021

“Nel 2004 Emilio Sanchez era a Bari per uno stage di livello avanzato. Spiegava i suoi concetti, gli stessi che all’epoca permettevano alla Spagna di avere un’infinità di tennisti nei posti chiave della classifica mondiale. Erano un esercito. Io mi rendevo conto, però, che i principi che insegnava erano gli stessi che già molti utilizzavano anche in Italia. Perché allora c’era tutta quella differenza numerica tra i loro giocatori nelle graduatorie mondiali e i nostri?”.

Il ricordo è di Michelangelo Dell’Edera, direttore dell’Istituto Superiore di Formazione R. Lombardi. “A un certo punto mi chiese: ‘Ma voi qui in Italia quante accademie dedicate all’alto livello avete?’. Io ci dovetti pensar su un po’, riuscivo a contarne qualcuna, ma stavano sulle dita di una mano. E lui mi disse: ‘Noi solo a Barcellona ne abbiamo 28’”.

A quasi 20 anni di distanza le cose sono cambiate molto. Anche l’Italia adesso è terra di accademie pensate, strutturate e dedicate all’alto livello. “Ce ne sono da Nord a Sud, è quasi impossibile citare tutte quelle vorrei: in ordine sparso ci sono quelle di Riccardo Piatti, di Vincenzo Santopadre, di Fabio Gorietti, ma anche quelle di Max Sartori e di Renato Vavassori. E poi Cannova, Cinà, Pigato, Vianello, Rossi e Riva, Russo, Vagnozzi… potremmo elencarne per mezzora”.

Il punto di forza non sta solo nella quantità, ma nella qualità. “E nell’approccio condiviso - sottolinea Dell’Edera -. Ognuno ha le sue differenze e peculiarità nella metodologia ma il senso di marcia, la filosofia, è la medesima per tutti. Ed è la stessa che da anni ormai incoraggia e sostiene l’Istituto Superiore di Formazione così come il Settore Tecnico nazionale. Tanto è vero che, a proposito di sinergia, adesso c’è una collaborazione molto più stretta”.

Basti pensare agli sforzi comuni che riguardano i più giovani, quelli dei settori under. “Ma non solo under - sottolinea Dell’Edera -. I punti di contatto sono davvero molti. I corsi per tecnici nazionali, quelli che formano gli insegnanti con la qualifica più alta, hanno spesso come docenti molti dei nomi che abbiamo citato prima. E quando i corsisti, in maniera itinerante, parlano con loro e con i rispettivi staff spesso si stupiscono di quante analogie ci siano pur in realtà così diverse”.

“Per entrare più nel dettaglio possiamo fare un confronto tra esempi specifici, ma reali, per far capire questo concetto”, propone il direttore dell’ISF. “Basta prendere tre accademie, una per il Nord, una per il Centro e una per il Centro-Sud e analizzare analogie e differenze”.

IL CONFRONTO

Facciamola allora questa comparazione analitica. “Prendiamo l’Accademia di Piatti, a Bordighera, quella di Santopadre, a Roma, e quella di Gorietti, a Foligno. Tre realtà diverse, in tre città molto diverse, e con strutture piuttosto diverse, anche per numero di campi. Eppure ci sono delle analogie evidenti. Tutti e tre prevedono una grande enfasi sul lavoro di squadra, la forza del team, la qualità dello staff”.

“Tutte calendarizzano riunioni sistematiche, periodiche. Settimanali se non addirittura quotidiane. E poi tutti prevedono una personalizzazione specifica dei programmi d’allenamenti suddivisa per età, livello e chiaramente per caratteristiche dell’individuo”. Già basterebbe per delineare uno schema, ma siamo solo all’inizio. “Fondamentale anche la visione a lungo termine, quella che punta ai risultati sul lungo periodo, non quelli da raggiungere domani mattina… questo è un aspetto cruciale anche per noi dell’ISF”.

Non basta: “Condividono anche una maniacale attenzione alla preparazione fisica, che però non abbia come obiettivo solo l’elevata performance, ma anche e soprattutto la salute dell’atleta e la prevenzione degli infortuni. E poi tutti spingono per un tennis pro-attivo, votato all’aggressività, alla spinta, alla conduzione del punto. Con grande focus puntato sul servizio e sulla risposta al servizio, come è giusto che sia nel tennis di oggi”.

Entriamo ancor più nel dettaglio, per vedere come le diverse esperienze personali e le singole prospettive entrino in gioco.

Il Piatti Tennis Center di Bordighera

L’approccio di Riccardo Piatti

Un motto ormai famoso del coach comasco Riccardo Piatti, oggi allenatore di Jannik Sinner, è che l'allenatore non serve a risolvere problemi, ma a crearli. Facendo sì che il suo atleta trovi poi le soluzioni. “Piatti pone l’accento sull’autonomia dei suoi atleti - spiega Dell’Edera -. Vuole che siano responsabilizzati e capaci di cavarsela da soli, per questo spesso lascia che girino per tornei per conto loro”.

E sul campo? “Concentra il suo percorso su una progressione tattico-tecnica che sia in grado di dare ai suoi atleti degli automatismi nei quali riuscire sempre a trovare la soluzione più proficua in ogni situazione. Parliamo di certezze tattiche. Da un punto di vista tecnico invece predilige un approccio estremamente pro-attivo: qualsiasi movimento o colpo deve essere fatto ‘verso’ il campo, mai nel senso opposto, cercando profondità, angoli e variazioni. Questi - sottolinea Dell’Edera - sono concetti molto cari anche a noi dell’ISF”.

“Dal punto di vista delle metodologie, Piatti pone grande attenzione alle caratteristiche antropometriche dei suoi atleti, vale a dire delle caratteristiche fisiche dei propri atleti. E della loro attitudine mentale”.

L’approccio di Vincenzo Santopadre

Vincenzo Santoprade, coach di Matteo Berrettini, punta molto sulla formazione della persona. Qualcosa che, come s’intuisce, ha molti punti di contatto con la ricerca dell’autonomia di Riccardo Piatti. “Santopadre parte dall’assunto che fu di Mario Belardinelli, il padre di tutti i maestri di tennis d’Italia. Diceva che di 100 persone, 10 soltanto diventano grandi uomini e donne, e di questi 10, soltanto uno o una diventerà un campione di tennis. Ebbene Vincenzo lavora molto su questo, vuole formare grandi persone, perché dietro ai colpi ci sono i contenuti”.

“Sul campo esige che durante gli allenamenti i suoi atleti siano intensi e concentrati, attenti al 100%. L’atteggiamento per lui è fondamentale. Tecnicamente lavora molto sull’accoppiata servizio e risposta al servizio e soprattutto è uno che crede molto nel fatto di plasmare la propria figura di allenatore a uso e consumo dell’atleta che ha di fronte”.

“Metodologicamente parlando, dunque, l’approccio di Santopadre cura molto gli aspetti puramente tecnici, andando a lavorare con particolare attenzione sui punti forti dei propri allievi e atleti”.

I campi della Foligno Tennis Training School

L’approccio di Fabio Gorietti

“Fabio Gorietti (di base a Foligno, ndr) rappresenta un approccio che si colloca più o meno a metà strada tra quello di Piatti e quello di Santopadre - suggerisce Dell’Edera -. Vuole che i suoi atleti eseguano dei compiti, non delle istruzioni. In questo modo nella sua visione li si rende autonomi e li si fa crescere come persone”.

“Sul campo il suo - prosegue Dell’Edera - è un approccio molto percettivo, basato sull’aspetto sensoriale dell’apprendimento. Un metodo già sperimentato da coach Giampaolo Coppo, con Mara Santangelo per esempio. Si basa sul fatto che tutto ciò che viene appreso, viene appreso attraverso gli organi di senso, stimolando il sistema propriocettivo, tattile e uditivo”. E da un punto di vista strettamente tecnico? “Tanta attenzione al trasferimento del peso, ‘da dietro in avanti’, e grande cura del finale di movimento, sempre ‘in alto’ ben sopra le spalle”.

“Da un punto di visto metodologico, Gorietti nella fase della didattica avanzata affianca quindi le questioni tattico-tecniche, per formare giocatori altamente specializzati in quell'aspetto del gioco, agli insegnamenti mentali e sensoriali”.

La rivoluzione italiana delle Accademie, maturata in una ventina d’anni, è questa. “Ognuno - non soltanto i tre esempi citati - lavora con i propri metodi in base alle proprie esperienze di vita, ma tutti vanno nella medesima direzione. Noi e le accademie private”, chiude Dell’Edera. Non si può spiegare altrimenti la grande onda azzurra che sta indirizzando il mare del tennis internazionale in questa fase storica.

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