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Dell’Edera: “La Davis è il vertice, dietro c’è un circuito virtuoso”

Il direttore dell’Istituto Superiore di Formazione “Roberto Lombardi” parla dell’esperienza da team manager nella vittoriosa trasferta azzurra a Bratislava e del lavoro dalla base che c’è dietro i risultati positivi

di | 07 marzo 2022

Volandri e Dell'Edera Davis Slovacchia

Filippo Volandri a colloquio con Michelangelo Dell'Edera (foto Sposito)

Il tennis italiano maschile sta vivendo un salto di qualità clamoroso, ma non estemporaneo, frutto di una seria e duratura programmazione costruita nel tempo. Nei primi 200 del ranking mondiale abbiamo sempre avuto un buon numero di giocatori, ma il livello era medio basso. Ora abbiamo sempre un buon numero di giocatori, ma occupiamo le posizioni di vertice. Senza contare che molti sono giovani, quindi hanno tempo e margini di crescita.

Grandi risultati a livello individuale e altrettante aspettative in Coppa Davis. Michelangelo Dell’Edera, direttore dell’Istituto Superiore di Formazione “Roberto Lombardi” e team manager della squadra azzurra, ha raccontato da Bratislava, dove abbiamo superato la Slovacchia nelle qualificazioni alle Finals di settembre, i capisaldi di questo circuito virtuoso.

Cominciamo proprio dalla Davis…

Il vertice della piramide è costituito dalla Coppa Davis, che è un po’ la specchio del grande lavoro fatto dalla periferia. Perché dico questo? Perché di fatto oggi la Davis ha un team dove c’è, oltre al capitano Filippo Volandri, l’aiuto capitano che è Umberto Rianna. Ci sono i preparatori mentali, ci sono gli allenatori di tutti i giocatori, c’è uno staff medico di primissima qualità, c’è attenzione all’educazione alimentare. Questo processo nasce dalla base perché tutte le nostre scuole tennis esattamente 12 anni fa sono state strutturate con cinque diverse tipologie dove il top della scuola tennis ha esattamente tutte queste figure. Quindi si è costruito un percorso che parte dalla prima cellula motivazionale per chi si avvicina a giocare nelle scuole tennis e poi prosegue nelle varie tappe”.

Quali sono nello specifico queste tappe?

Il primo cordone ombelicale che c’è tra le scuole tennis e l’attività federale sono i raduni provinciali, la Coppa delle Province, i centri tecnici di aggregazione provinciali dove organizziamo dei raduni e dove tutte queste figure sono presenti per strutturare un ambiente virtuoso. I ragazzini talentuosi cadono in queta ragnatela per poi proseguire fino al vertice.

A seguire i centri di aggregazione provinciale, ci sono i centri di allenamento regionali dove c’è una gradualità di percorso formativo per tutte le aree. Non solo come in passato quella tecnica, ma quella tattica, quella psicofisica, quella alimentare, quella relativa alla comunicazione. Un insieme di intrecci che porta poi ai centri tecnici nazionali, al tennis di vertice e che consente di avere una squadra di Coppa Davis che eccelle dal punti di vista culturale e sportivo proprio perché c’è un buon entourage che li circonda”.

Un percorso che quindi parte da lontano?

Al di là delle classifiche ATP e WTA, le classifiche Under 18 che vanno a determinare lo stato di salute dell’attività giovanile ci dicono che abbiamo tra maschi e femmine circa 210 atleti in giro per il mondo nell’attività junior con i loro insegnanti di tennis. La federazione contribuisce alla loro crescita con dei contributi per l’allenamento di questi ragazzi che devono strutturarsi a casa, senza esserne sradicati, nel modo migliore possibile con le figure professionali che possono aiutarli a crescere. Non solo, però: fondamentale è anche la condivisione nei tornei, la sinergia tra federazione e insegnanti”.

Le indicazioni di Michelangelo Dell'Edera (foto Sposito)

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Quanto è importante l’attività internazionale anche a livello junior?

E’ fondamentale. Oggi il settore tecnico giovanile concede delle borse di studio agli insegnanti e ai ragazzini per viaggiare e andare insieme a fare esperienza internazionale. Nel 2010 avevamo nel circuito junior non più di 20 ragazzi, oggi sono oltre 200. Lo stato di salute del nostro tennis giovanile è alto proprio perché ci siamo internazionalizzati. Tutta l’attività periferica, le competenze acquisite con i corsi di formazione dell’Istituto Superiore di Formazione e le esperienze che oggi gli insegnanti possono vivere con i loro allievi a livello internazionale ci portano ad avere un sistema di vertice con ottimi giocatori, ma anche con ottimi allenatori. Questo ciclo virtuoso che parte dalla base ci sta proiettando a livello internazionale soprattutto nel settore maschile”.

E in quello femminile?

Abbiamo una problematica relativa al reclutamento. Purtroppo le bimbe iscritte alle scuole tennis sono troppo poche rispetto al numero totale. Da qui l’idea di iniziare con il progetto ‘Racchette di Classe’ con delle borse di studio per quelle bimbe di 7, 8. 9, 10 anni che hanno buone qualità motorie e ottimi dati antropometrici. Elementi che possono consentire un percorso della durata di 6, 7 anni al termine del quale potremo avere ragazze sempre più talentuose così come nel settore maschile. Ieri non potevamo fare tutte e due le cose, oggi il consiglio federale ci sta mettendo nelle condizioni di lavorare sia sul settore maschile continuando questo ciclo vincente, sia di rinnovare il settore femminile che ci ha dato comunque risultati prestigiosi negli ultimi 15 anni”.

Davis Cup: il team Italia a Bratislava (foto Sposito)

E dietro i più forti già spingono le nuove leve…

In Slovacchia ne avevamo una, Flavio Cobolli, venuto con il ruolo di sparring. I suoi occhi brillavano nel guardare Jannik Sinner piuttosto che Lorenzo Musetti e Lorenzo Sonego, nel confrontarsi con Stefano Travaglia, piuttosto che vivere l’esperienza messa a disposizione da Simone Bolelli. Flavio si sta allenando tanto, sta acquisendo energia, nei suoi occhi si vede non solo la voglia di attingere da questi giocatori, ma pian piano di avvicinarsi a loro, di non venire qui in nazionale in un prossimo futuro a fare solo esperienza da sparring.

Oltre Cobolli, abbiamo Nardi, Zeppieri e tanti altri ragazzi che sono a ridosso dei primi 200 del ranking e che nei prossimi 3, 4 anni se professionalizzano il loro percorso arriveranno sicuramente tra i primi 100 del mondo. Questo è il vero sistema”.       

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