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Vanno dai 14 ai 18 anni, sono agonisti di buon livello ma saranno soprattutto - durante le Nitto ATP Finals di Torino - coloro che assisteranno i giocatori più forti al mondo nelle loro imprese. La Ball Person Academy di Intesa Sanpaolo continua a formare i ball boys nel miglior modo possibile
07 novembre 2021
Erano 60 i partecipanti in prima battuta, alla Ball Person Academy di Intesa Sanpaolo in quel di Torino. E 40 di loro alla fine saranno scelti per assistere i campioni durante le Nitto ATP finals al PalaAlpitour, dal 14 al 21 novembre.
Ce ne parla uno dei responsabili, Valerio Bonavolontà, che ha seguito il percorso dei ragazzi al Circolo della Stampa Sporting di Torino, insieme a due maestri del circolo, Paolo Bonaiti e Alessandro Zoppo.
"Abbiamo completato le sei lezioni che avevamo previsto, dunque adesso siamo al momento delle selezioni per arrivare a Torino. L'impegno complessivo in termini di ore è sempre di 3-4 per ogni incontro. Partiamo dallo studio della teoria e poi arriviamo all'allenamento pratico, studiando in particolare le situazioni ricorrenti durante il gioco, per essere tranquilli quando bisognerà fare sul serio".
Nel caso specifico di Torino, i ragazzi sono un po' più delle ragazze, con un rapporto di circa 70-30. "L'età - continua il maestro - va dal più piccolo che ha 14 anni, e arriva fino ai 18 anni. Parliamo di una media di 16 anni circa. Importante sottolineare che sono tutti agonisti, parecchi dei quali sono già a buon livello. Un fattore che li aiuta, però negli anni scorsi a Roma abbiamo capito che non sempre chi è un buon giocatore è anche necessariamente un buon ball boy".
I ragazzi sono tutti di Torino e dintorni, delle scuole tennis e di quelle agonistiche della città e della provincia. "All'inizio non hanno ben realizzato la portata dell'evento, avere il torneo più importante dell'anno, in casa propria. Molti di loro lo vedranno in campo, non dagli spalti. Nel corso delle lezioni hanno cominciato ad avere un po' di ansia, cosa peraltro assolutamente normale. Poi alla prima partita saranno forse un po' tesi, ma sono certo che dalla seconda inizieranno a divertirsi, oltre che fare un buon servizio ai giocatori".
L'obiettivo è quello di stare più attenti possibile durante le lezioni. "Presentiamo le situazioni ricorrenti, diamo delle dritte in merito alle richieste più frequenti dei giocatori. Abbiamo sempre puntato sul far stare i ragazzi a proprio agio. Perché se sono a disagio, questo non li facilita né permette che la prestazione sia buona. Li abbiamo messi in condizione di essere sicuri delle loro competenze. Si migliora solo facendo il lavoro, stando in campo".
C'è la lezione teorica, ma c'è pure quella pratica. "Nella lezione teorica, abbiamo parlato non solo dell'impegno del corso e delle Nitto ATP Finals, abbiamo parlato degli argomenti che avremmo affrontato, le posizioni da asssumere sul campo in battuta e in ricezione, e le situazioni ricorrenti, collegati alla conoscenza del punteggio. Tutte queste informazioni andavano poi trasferite sul campo all'atto pratico, un passaggio non banale".
Una lezione inizia con un riscaldamento dinamico. "Poi - prosegue Bonavolontà - curiamo la tecnica dei lanci, tra loro e da loro al giocatore. Dalla seconda lezione abbiamo fatto vere e proprie simulazioni di gioco. Con varie casistiche. In questo caso sono stati i ragazzi stessi a fare la parte dei giocatori, e devo dire che ci hanno dimostrato una bella maturità. Non era semplice, bastava poco per distrarsi. Loro non lo hanno fatto e sono stati molto bravi. Sono anche usciti dal proprio contesto, per un'esibizione di beneficenza".
Il momento più complesso? Non ci sono dubbi in tal senso: "Senz'altro è il tie-break. Perché l'attenzione che va tenuta a lungo è un fattore, ma è proprio il tie-break che risulta più difficile: ogni due punti si cambia, e accade che i ragazzi si possano perdere col punteggio. Io stesso da bambino sono stato tra i ball boys, e fra tutti i campioni che ho avuto il piacere di vedere da distanza ravvicinata, ricordo Andre Agassi, Pete Sampras, Gustavo Kuerten. Ma ciò che davvero non scorderò è una sfida di Davis a Roma dove c'era il povero Federico Luzzi: è stato uno dei momenti più emozionanti".