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In occasione del centenario dell’Italia in Coppa Davis ripercorriamo, con cadenza settimanale, tutti i giovedì fino all'8 settembre, la storia del tennis nostrano attraverso i grandi eventi del tennis azzurro e i personaggi cardine delle varie epoche, che hanno caratterizzato anche le squadre nella massima competizione mondiale per nazioni del nostro sport
di Vincenzo Martucci | 30 giugno 2022
La seconda puntata di questo viaggio lungo i 100 anni di partecipazione dell'Italia alla Davis Cup è dedicata a Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Adriano Panatta e Tonino Zugarelli, protagonisti della scena negli anni 70/80 sia sul circuito ATP sia, appunto, inDavis, la manifestazione che li ha resi immortali con la disputa di 4 finali in 5 anni, fra cui spicca lo storico trionfo del 1976 in Cile. Diversi sia fisicamente che tecnicamente, come nascita e come storia, come caratteri e come evoluzione umana, cresciuti insieme alla scuola di Mario Belardinelli al centro tecnico Fit di Formia, hanno trovato un equilibrio come gruppo diventando una squadra, unica e indimenticabile.
Paolo Bertolucci è il vero fulcro e il pilastro dei “Magnifici 4” che conquistarono la Coppa Davis nel 1976, come ben raccontato anche in una recente docuserie tv.
Il suo carattere gioviale, unito alle capacità tecniche e alla capacità di sacrificarsi per il bene comune, adattandosi sempre alle situazioni, lo hanno elevato prima a giocatore di successo sia in singolare che in doppio - in coppia con l’amico Adriano Panatta -, poi come tecnico a tutti i livelli, da direttore del centro Federale di Cesenatico a capitano di coppa Davis, e quindi a stimato opinionista tv.
La forte carica di umanità e il senso dell’umorismo di Pasta Kid, cresciuto a pane e tennis a Forte dei Marmi, la sua voglia di vivere e la sua semplicità hanno semplificato i rapporti, smussando gli angoli delle spiccate personalità dei famosi “ragazzi di Belardinelli” cui si aggiungevano due personaggi dichiaratamente all’opposto come il Signor Mario e Nicola Pietrangeli, il maestro casereccio dai modi estremamente diretti, e il campione elegante e forbito dal pedigree ingombrante. Formando una miscela pericolosamente esplosiva in qualsiasi momento.
Altre grandissime squadre di tanti altri sport hanno trovato la quadra pur partendo da presupposti altrettanto complicati e delicati. Riuscendo ad ottenere il massimo proprio fondendo la meglio ed esaltando le diversità dei singoli. Così, Bertolucci rinunciò ai singolari di Davis perché Barazzutti era più continuo nei risultati e lui poteva dedicarsi totalmente al fondamentale punto del doppio.
E a sua volta “il soldatino” Corrado, che rispettava sempre le consegne, accettò anche di giocare anche qualche doppio accanto a Panatta, col quale proprio non ha mai legato.
Così, l’orgoglioso Zugarelli accettò un ruolo di comprimario, non di riserva, attenzione, quel termine lo faceva andare su tutte le furie: “Le riserve esistono nel calcio, la nazionale di Davis è fatta di 4 giocatori, tutti titolari”. Così, "Aaaàdriano che infiammò per ultimo il Foro Italico vincendo Roma nel 1976, trovò la sua ribalta e si esaltò nei famosi alti e bassi, regalando sprazzi di classe da campione.
Così le imprese leggendarie di quel gruppo sono state tante. E forse si riassumono proprio in quella frazione 4/5, quattro finali di Davis in cinque anni, dal ’76 all’80, tutte giocate in trasferta in un’epoca in cui le regole non erano così ferree e gli arbitraggi lasciavano più di una zona d’ombra.
Dopo il successo del ‘76, gli azzurri pagarono dazio sull’erba australiana nel ’77, sul cemento Usa di John McEnroe e Vitas Gerulaitis nel’79 e sulla terra di Praga nell’80, la finale più amara e più possibile, contro l’allora Cecoslovacchia dell’abbordabile Tomas Smid e di Ivan Lendl, il giocatore che stava stravolgendo il tennis dandogli una connotazione estremamente fisica e sempre più attenta ai dettagli.
Quegli anni fenomenali furono anche gli anni dell’evoluzione del tennis italiano da sport ancora d’élite in sport popolare, grazie ai successi dei Magnifici 4 e grazie alla Rai-tv che portò le racchette nelle nostre case, accompagnatore alle voci di telecronisti appassionati come Guido Oddo ma anche Giampiero Galeazzi e Gianni Minà, traslati dal calcio.