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Paolo Bertolucci: il fulcro di una squadra vincente

In occasione del centenario dell’Italia in Coppa Davis ripercorriamo, con cadenza settimanale, tutti i giovedì fino all'8 settembre, la storia del tennis nostrano attraverso i grandi eventi del tennis azzurro e i personaggi cardine delle varie epoche, che hanno caratterizzato anche le squadre nella massima competizione mondiale per nazioni del nostro sport

di | 30 giugno 2022

Paolo Bertolucci, nato a Forte dei Marmi il 3 maggio del 1951, è stato n.12 del mondo

Paolo Bertolucci, nato a Forte dei Marmi il 3 maggio del 1951, è stato n.12 del mondo (Ranking Atp del 23 agosto del 1973)

La seconda puntata di questo viaggio lungo i 100 anni di partecipazione dell'Italia alla Davis Cup è dedicata a Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Adriano Panatta e Tonino Zugarelli, protagonisti della scena negli anni 70/80 sia sul circuito ATP sia, appunto, inDavis, la manifestazione che li ha resi immortali con la disputa di 4 finali in 5 anni, fra cui spicca lo storico trionfo del 1976 in Cile. Diversi sia fisicamente che tecnicamente, come nascita e come storia, come caratteri e come evoluzione umana, cresciuti insieme alla scuola di Mario Belardinelli al centro tecnico Fit di Formia, hanno trovato un equilibrio come gruppo diventando una squadra, unica e indimenticabile.

Paolo Bertolucci è il vero fulcro e il pilastro dei “Magnifici 4” che conquistarono la Coppa Davis nel 1976, come ben raccontato anche in una recente docuserie tv.

Il suo carattere gioviale, unito alle capacità tecniche e alla capacità di sacrificarsi per il bene comune, adattandosi sempre alle situazioni, lo hanno elevato prima a giocatore di successo sia in singolare che in doppio - in coppia con l’amico Adriano Panatta -, poi come tecnico a tutti i livelli, da direttore del centro Federale di Cesenatico a capitano di coppa Davis, e quindi a stimato opinionista tv.

Il doppio Panatta/Bertolucci in azione

La forte carica di umanità e il senso dell’umorismo di Pasta Kid, cresciuto a pane e tennis a Forte dei Marmi, la sua voglia di vivere e la sua semplicità hanno semplificato i rapporti, smussando gli angoli delle spiccate personalità dei famosi “ragazzi di Belardinelli” cui si aggiungevano due personaggi dichiaratamente all’opposto come il Signor Mario e Nicola Pietrangeli, il maestro casereccio dai modi estremamente diretti, e il campione elegante e forbito dal pedigree ingombrante. Formando una miscela pericolosamente esplosiva in qualsiasi momento.

Altre grandissime squadre di tanti altri sport hanno trovato la quadra pur partendo da presupposti altrettanto complicati e delicati. Riuscendo ad ottenere il massimo proprio fondendo la meglio ed esaltando le diversità dei singoli. Così, Bertolucci rinunciò ai singolari di Davis perché Barazzutti era più continuo nei risultati e lui poteva dedicarsi totalmente al fondamentale punto del doppio.

E a sua volta “il soldatino” Corrado, che rispettava sempre le consegne, accettò anche di giocare anche qualche doppio accanto a Panatta, col quale proprio non ha mai legato.

Così, l’orgoglioso Zugarelli accettò un ruolo di comprimario, non di riserva, attenzione, quel termine lo faceva andare su tutte le furie: “Le riserve esistono nel calcio, la nazionale di Davis è fatta di 4 giocatori, tutti titolari”. Così, "Aaaàdriano che infiammò per ultimo il Foro Italico vincendo Roma nel 1976, trovò la sua ribalta e si esaltò nei famosi alti e bassi, regalando sprazzi di classe da campione.

Bertolucci, Panatta e Pietrangeli con la Coppa Davis e i doppisti cileni Fillol e Cornejo

Così le imprese leggendarie di quel gruppo sono state tante. E forse si riassumono proprio in quella frazione 4/5, quattro finali di Davis in cinque anni, dal ’76 all’80, tutte giocate in trasferta in un’epoca in cui le regole non erano così ferree e gli arbitraggi lasciavano più di una zona d’ombra.

Bertolucci e Panatta discutono a bordo campo

Dopo il successo del ‘76, gli azzurri pagarono dazio sull’erba australiana nel ’77, sul cemento Usa di John McEnroe e Vitas Gerulaitis nel’79 e sulla terra di Praga nell’80, la finale più amara e più possibile, contro l’allora Cecoslovacchia dell’abbordabile Tomas Smid e di Ivan Lendl, il giocatore che stava stravolgendo il tennis dandogli una connotazione estremamente fisica e sempre più attenta ai dettagli.

Lo strepitoso rovescio di Paolo Bertolucci

Quegli anni fenomenali furono anche gli anni dell’evoluzione del tennis italiano da sport ancora d’élite in sport popolare, grazie ai successi dei Magnifici 4 e grazie alla Rai-tv che portò le racchette nelle nostre case, accompagnatore alle voci di telecronisti appassionati come Guido Oddo ma anche Giampiero Galeazzi e Gianni Minà, traslati dal calcio.

Italia 100 anni di Davis Cup - La prima Puntata

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