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La strana coppia di amici Gaudenzi-Nargiso

In occasione del centenario dell’Italia in Coppa Davis ripercorriamo, con cadenza settimanale, tutti i giovedì fino all'8 settembre, la storia del tennis nostrano attraverso i grandi eventi del tennis azzurro e i personaggi cardine delle varie epoche, che hanno caratterizzato anche le squadre nella massima competizione mondiale per nazioni del nostro sport

di | 21 luglio 2022

Andrea Gaudenzi e Diego Nargiso in azione in Coppa Davis

Andrea Gaudenzi e Diego Nargiso in azione in Coppa Davis

Il quinto appuntamento con i personaggi e le storie dei 100 anni dell’Italia in Coppa Davis è dedicato ad Andrea Gaudenzi e Diego Nargiso, due personaggi particolari, estremamente diversi fra loro come caratteristiche fisiche, tecniche ed umane, che anche da professionisti hanno avuto una storia differente dopo la formazione presso il settore tecnico FIT e gli ottimi risultati giovanili ma che sono stati e rimangono grandi amici perché hanno costituito l’architrave della nazionale degli anni 90 e di un gruppo molto affiatato. Quella squadra, che ha avuto come capitano non giocatore Adriano Panatta e poi Paolo Bertolucci, ha raggiunto due semifinali e una finale. La prima in casa, delle 5 disputata dagli azzurri, ma anche la più sfortunata.

Fra le tante vittorie del Rinascimento del tennis italiano spicca quella di Andrea Gaudenzi che è salito alla presidenza dell’ATP Tour grazie a una visione globale molto acuta dello sport, non solo delle racchette.

Nato a Faenza il 30 luglio 1973, ha respirato questo sport sin da bambino: nonno Teo è il pioniere del tennis cittadino, zio Stefano - per tutti “Pancho” perché giocava dritto e rovescio a due mani come il mitico Pancho Segura -, è stato numero 5 d’Italia ed è arrivato vicinissimo a giocare in coppa Davis, e papà Gabriele gli ha messo la racchetta in mano a 4 anni.

Andrea s’è aggiudicato Roland Garros e US Open di categoria ed è arrivato al numero 1 del mondo juniores nel 1990. Dopo l’esperienza al centro tecnico federale FIT di Riano, da pro, è cresciuto alla scuola della fatica di Thomas Muster a Vienna, da giocatore solido da terra, catturando scalpi importanti come quello di Jim Courier agli Us Open 1994, di Roger Federer a Roma 2002 e di Pete Sampras al Roland Garros 2002, firmando sul circuito 3 titoli in 6 finali.

In Davis Gaudenzi si esaltava giocando sia singolare che doppio ed è stato il pilastro della squadra che ha restituito una credibilità mondiale al tennis italiano grazie alle semifinali di Davis, nel 1996 contro la Francia a Nantes, quando il 2-0 iniziale, fu vanificato dalla squadra di Noah, e soprattutto da protagonista della finale del 1998, ventidue anni dopo quella storica, vinta nel 1976 a Santiago.

Una finale finita purtroppo male fra polemiche fra giocatori e dirigenti e l’infortunio che colpì Andrea nel primo singolare contro la Svezia, a Milano, costringendolo a un’operazione alla spalla.

Diego Nargiso ha sempre visto benissimo ed analizzato ancor meglio il tennis, quello suo e quello degli altri. Ma non ha avuto la costanza e gli esempi giusti per esprimersi al meglio come tennista, a dispetto di grandi qualità tecno-fisiche. Il mancino, nato Napoli il 15 marzo 1970, alto quasi 2 metri, gran servizio-volée, è esploso giovanissimo, nell’87, aggiudicandosi il titolo al torneo juniores di Wimbledon ed esordendo nel professionismo.

L’anno successivo ha raggiunto già il numero 67 del mondo, toccando il terzo turno a Wimbledon e US Open, proponendosi come il messia che il movimento attendeva dagli Anni 80. Ma in singolare non si è più confermato a quei livelli, arrivando al n. 25 nel ranking di doppio con 5 titoli conquisati con compagni differenti e brillando in Davis dall’88 in coppia con Gaudenzi e Camporese, contribuendo ai maggiori risultati di quegli anni, oltre a partecipare a 3 Olimpiadi. 

La Nazionale è stato il palcoscenico ideale dell’estroso giocatore cresciuto al centro tecnico federale di Riano insieme ai coetanei Furlan, Caratti, Brandi e Mordegan che poi ha raggiunto da pro per qualche tempo alla scuola di Riccardo Piatti.

Ottimo tecnicamente, Diego non aveva fondo atletico per sostenere a lungo il suo difficile gioco d’attacco ma è stato un punto fermo della Nazionale. Cogliendo risultati prestigiosi ed importanti come con Cané contro Gunnarsson-Jarryd a Cagliari ’90, e con Camporese contro Becker-Jelen a Dortmund ’91, contro Casal-Sanchez a Bolzano ’92, e contro Ellis e Wayne Ferreira a Roma ’96, sia sulla terra rossa che sul veloce.

Dopo l’attività agonistica è apprezzato manager ed allenatore e anche commentatore tv.

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