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La Coppa Davis torna a Bologna per la prima volta dal 1976. Allora il presidente della Federazione Italiana Tennis era il bolognese Giorgio Neri, che fu anche capitano di Coppa Davis. A lui si devono i primi accordi per portare il tennis a scuola
di Alessandro Mastroluca | 09 settembre 2022
La Coppa Davis torna a Bologna per la prima volta dal 1976, l'anno dello storico trionfo azzurro in Cile. Allora, quando l'Italia superò 5-0 la Jugoslavia nei quarti della zona europea, il presidente della Federazione Italiana Tennis era ancora Giorgio Neri, un'icona dello sport a Bologna e non solo. Buon tennista, notevole dirigente e organizzatore, mecenate disinteressato e talent scout di multiforme ingegno, ha contribuito a cambiare la storia del tennis in Italia. Scomparso nel 1997 a 82 anni, in più occasioni ha svolto anche il ruolo di capitano azzurro.
Il nome di Giorgio Neri è legato a doppio filo con quello della Virtus a Bologna. Un legame iniziato con la prima tessera, sottoscritta quando aveva otto anni. Figlio di un noto psichiatra, proprietario di una clinica per malattie mentali, è rimasto al massimo un piccolo ma dignitoso giocatore di club. Adalberto Bortolotti nel libro “Il mito della V nera”, lo racconta come un tennista volenteroso con un ottimo diritto ma praticamente senza rovescio. Vinse comunque due edizioni della Da tennista vinse due Coppe Facchinetti, il campionato italiano a squadre di terza categoria, nel 1947 e nel '52.
Risultati possibili grazie al suo instancabile sforzo dopo la Seconda guerra mondiale. In quegli anni, scrive ancora Bortolotti, Neri ha chiamato a raccolta i soci e ha manualmente guidato l'inizio dei lavori di ricostruzione della sede della polisportiva in cui, dal 1954, diventa presidente della sezione tennis.
Terrà l'incarico per vent'anni, esercitandolo con la stessa generosa disponibilità e la medesima lungimirante visione che ha caratterizzato l'intera sua storia. Scova a Merano Beppe Merlo, un aiuto bagnino che gioca come praticamente nessuno aveva mai fatto prima. Dal lato del rovescio, infatti, tiene la racchetta con due mani mezzo secolo prima che diventasse la norma.
Nel 1957 è lui a chiedere di trasferirsi sotto le Due Torri al fiumano Orlando Sirola, che avrebbe vinto con Nicola Pietrangeli dieci campionati italiani in doppio e il Roland Garros del 1959. Con Merlo e Bonetti, Neri forma una squadra difficile da battere che non a caso nel 1958 trionfa subito in Coppa Brian, il campionato italiano a squadre. E lo farà per tre anni consecutivi. Sarà sempre Neri a convincere i genitori di Paolo Bertolucci a lasciarlo partire da Forte dei Marmi per andare ad allenarsi alla Virtus.
Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, Neri ha esteso la sua sfera d'influenza ad altri sport, e anche al di fuori della Virtus. È presidente provinciale del CONI e consigliere del Bologna calcio. Per la società rossoblù lavora anche come responsabile del settore giovanile e fornisce cinque giocatori alla squadra che ha conquistato l'ultimo storico scudetto del club nel 1964, dopo lo spareggio di Roma contro l'Inter a pochi dalla morte del presidente Renato Dall'Ara. Neri ha di fatto scoperto Furlanis, Tumburus, Pascutti, Capra e Bulgarelli, uno dei più grandi calciatori di sempre nella storia rossoblù.
Il suo occhio da talent scout lo porterà anche a scoprire qualcosa di speciale nel figlio di un tassista romagnolo. Si chiama Eraldo Pecci e giocherà 163 partite con la maglia del Bologna; sarà anche compagno di squadra al Napoli di Diego Maradona. È lui a toccargli il pallone per la famosa punizione a parabola dall'interno dell'area contro la Juventus nel 1985.
Inoltre, nel 1961, è anche commissario straordinario della divisione basket della Virtus che intanto si è associata al marchio Idrolitina per iniziativa della nuova proprietà, la famiglia Gazzoni Frascara che tanto ha dato anche al Bologna calcio.
Figura romantica e per certi versi anacronistica, ha raggiunto il primo accordo con un ministro dell' educazione per diffondere il tennis nelle scuole e fondato i primi centri estivi della Federazione Italiana Tennis.
Il primo l'ha aperto a Pievepelago, dove già esisteva un circolo tennistico con 2 campi ed un piccolo impianto con spogliatoi e docce. Aveva deciso per quella sede, si racconta, dopo aver casualmente scoperto che Pievepelago era la località meno ventosa e meno piovosa d'Italia.
Eletto presidente della Federazione Italiana Tennis nel 1972, rimasto in carica fino all'elezione di Paolo Galgani nel 1976, ha avuto un ruolo di facilitatore del boom del tennis in Italia negli anni Settanta. Il vertice di quel movimento era il quartetto formato da Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Adriano Panatta e Tonino Zugarelli che hanno raggiunto quattro finali di Coppa Davis in cinque anni. Alla base però c'era la visione illuminata di Neri, convinto che bisognasse portare il tennis ai ragazzi, farlo conoscere a più persone possibile. Così sarebbe stato anche più facile scoprire i futuri campioni.
Era convinto, e aveva ragione, che il tennis è uno sport molto istruttivo per i ragazzi e bisogna fare in modo che tutti abbiano la possibilità di conoscerlo. Così è anche più facile scoprire fra di essi i campioni di casa nostra.