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Momento magico per il 25enne ligure, reduce dalla finale in Brasile, la prima in carriera. “Per me vestire la maglia della nazionale è il massimo”, sottolinea Gianluca da Cagliari dove l’Italia venerdì e sabato sfida la Corea del Sud
di Angelo Mancuso - da Cagliari | 03 marzo 2020
Si è preso tutto in un paio di settimane: top 100, primo top ten battuto in carriera a Rio (leggi Thiem), prima finale in carriera nel circuito maggiore sempre all’ombra del Cristo Redentore e, ciliegina sulla torta, la prima convocazione in azzurro per la sfida di Coppa Davis a Cagliari contro la Corea del Sud. Il Carnevale di Rio resterà nella memoria di Gianluca Mager, protagonista di un torneo da romanzo, tra pioggia, interruzioni e match vinti contro pronostico. Ha perso in finale contro il lanciatissimo top 20 Cristian Garin, ma l’exploit in Brasile ha impresso una svolta alla carriera del 25enne di Sanremo, che aveva vinto il primo incontro nel tabellone principale di un torneo Atp lo scorso ottobre a Stoccolma.
“Il tennis è uno sport pazzesco - sottolinea il ligure - qualche settimana fa ero a Buenos Aires e perdevo al primo turno delle qualificazioni contro il numero 300 del mondo. Ora sono qui a Cagliari con la nazionale e devo ancora ben realizzare di essere entrato tra i primi 100”. Numero 79 per la precisione. Gran servizio e un ottimo dritto carico, con il quale ama prendere in mano lo scambio e spesso chiudere il punto. Lo aiuta pure un fisico strutturato, perché guarda tutti dall’alto dei suoi 188 centimetri.
“Per me vestire la maglia della nazionale è il massimo, essere qui è motivo di orgoglio. Dal primo giorno in cui da bambino ho preso in mano una racchetta da tennis sogno di giocare in Davis. Continuo a ripetermelo, ma non riesco a credere che sia proprio così. Quando ho risposto al telefono e ho capito che dall’altra parte c’era Barazzutti quasi non riuscivo a parlare”, confessa. E’ in fiume in piena: “La gente conosce Federer, Nadal, Djokovic, ma non i tanti ragazzi che fanno tutto al massimo in tornei dove ci sono pochi euro o dollari in palio e ti porti dietro il fornelletto per mangiare. E non tutti riescono a raggiungere qualcosa di importante. Io ho cominciato dai Futures, poi i challenger che sono durissimi, un inferno dove tutti vogliono vincere e arrivare”, sottolinea Gianluca.
Non ha invece svolto attività junior e spiega il perché: “Fino a 17 anni e mezzo avevo altre priorità. Gli amici, facevo tardi la sera. Poi un bel giorno mi sono detto che volevo puntare sul tennis seriamente”. Per questo il suo nome non è mai apparso nelle classifiche ITF degli juniores. Anzi, aveva rischiato di compromettere sul nascere la sua carriera a causa di un episodio sfortunato e ormai alle spalle: a 16 anni fu squalificato per quattro mesi per aver fumato marijuana a una festa. Neppure giocava i tornei professionistici: lo controllarono perché gli avevano assegnato una wild card al challenger di Genova, a un passo da casa.
Aveva pensato di smettere con il tennis. Lo scorso anno, inoltre, una fastidiosa infiammazione alla mano destra lo aveva costretto a tre mesi di stop. Nella sua decisione di non mollare c’è lo zampino dell’ex davisman Diego Nargiso, che dopo averlo notato in un Open ad Alassio si propose come coach. “Per sette, otto mesi al mattino presto prendevo l’autobus da Sanremo per Ventimiglia, poi il treno per Monte Carlo. A piedi fino a Beausoleil per allenarmi, quindi un panino e il ritorno a casa nel pomeriggio”, racconta Gianluca.
Poi il centro federale di Tirrenia, dove Umberto Rianna e Gabrio Castrichella ne hanno forgiato il tennis. “Mi hanno accolto benissimo, non posso che ringraziarli perché mi hanno dato davvero un grande aiuto”, aggiunge.
Da due anni del suo team fa parte la fidanzata Valentine Confalonieri (ex giocatrice di buon livello) insieme a Matteo Civarolo e al preparatore atletico Diego Silva. E ora anche Flavio Cipolla. “Ho deciso di tornare a casa perché sapevo che si sarebbe creato un ambiente ideale con persone che mi conoscono da sempre. L’arrivo di Cipolla nello staff? Valentine mi ha consigliato di aggiungere un elemento molto esperto al mio team e Flavio è perfetto”.
Dopo la lunga militanza nei challenger, ecco che sta cominciando a respirare il profumo del grande tennis. “Sono nel pieno della maturazione - spiega - e sono molto soddisfatto per il livello di tennis che sto esprimendo già dallo scorso anno, quando ho vinto tre challenger. Ora mi rendo conto che non c’è una differenza abissale con chi frequenta normalmente il tour maggiore”.
Qualcosa è scattato nella testa del ligure: “Mi ha spronato vedere quanto ha fatto Cecchinato un paio di stagioni fa al Roland Garros. La sua semifinale a Parigi è la dimostrazione che si può fare, che nulla è impossibile. Inoltre penso che la concorrenza tra noi italiani sia un fattore molto positivo e in questo momento siamo in tanti nei top 100 e anche molto più su. Se uno di noi centra buoni risultati diventa fonte di ispirazione e gli altri gli vanno dietro”.
Dopo la finale a Rio ovviamente la posta e le aspettative si alzano: “La mentalità è la cosa più importante, a questi livelli fa la differenza. Ora giocherò tornei più grandi, ma il mio obiettivo resta allenarmi al massimo, lavorare e migliorare senza montarmi la testa. Non devo pensare di essere arrivato, la finale di Rio e la convocazione in Davis non bastano. La prima regola nel tennis è dare il massimo ogni giorno e non mollare mai un punto”. Ben detto.