-

Duck-hee Lee, il campione nel silenzio che sfida gli azzurri

Il giocatore di miglior classifica con cui la Corea del Sud si presenta a Cagliari è il 21enne di Jecheon, diventato nel 2019 il primo non udente a vincere un match Atp: “Mi prendevano in giro per la mia disabilità, dicendo che non avrei dovuto giocare. Invece se si vuole, si può fare qualsiasi cosa"

di | 26 febbraio 2020

Australian Open 2020: Duckee Lee

Il sud coreano Duckee Lee

Rafa Nadal lo ha definito un’ispirazione per tutti. Non è ancora riuscito a sfondare il fatidico muro della Top 100, però non ci sono dubbi che quel che sta facendo Duck-hee Lee è qualcosa di speciale. Nell’agosto dello scorso anno, superando lo svizzero Henri Laaksonen nel primo turno del torneo 250 di Winston-Salem, nel North Carolina, è diventato infatti il primo atleta sordo a disputare e vincere una partita in un tabellone principale del circuito Atp. Proprio il 21enne di Jecheon, attualmente numero 235 della classifica mondiale (vanta un best ranking al 130° posto nell’aprile 2017), sarà il leader della Corea del Sud, avversaria degli azzurri nel turno di qualificazione di Coppa Davis in programma a Cagliari il 6 e 7 marzo, con il palio l’accesso alle Finals di Madrid a novembre.

"La gente mi prendeva in giro per la mia disabilità, mi dicevano che non avrei dovuto giocare, è stato davvero difficile", ha spiegato in più di un’occasione. Invece Duck-hee ha continuato a giocare e ha scritto una delle pagine più belle della storia del tennis: "Il mio messaggio per i non udenti è quello di non scoraggiarsi: se si vuole, si può fare qualsiasi cosa".

In Uzbekistan continuò a giocare dopo la chiamata dei giudici

Una smisurata forza di volontà per vincere quelle che sono le difficoltà oggettive e i problemi di un sordo nel disputare una partita di tennis: l'atleta non riesce a sentire le chiamate dei giudici di linea o gli aggiornamenti del punteggio dell'arbitro di sedia e quindi per evitare confusione deve basarsi sui gesti e segnali dello stesso arbitro o del suo coach. Nel febbraio 2017, ad esempio, proprio in una sfida di Coppa Davis (fin qui giocati 3 singolari con 2 vittorie e un doppio, perso) contro l'Uzbekistan, il sudcoreano continuò a giocare nonostante i giudici di linea avessero chiamato la palla fuori. E anche nello storico match contro Laaksonen c'è stato un piccolo intoppo nel corso del secondo set, con Lee avanti 5-1 e il tabellone che segnava 40-15 quando in realtà si era sul 30-15. Duck-hee non è stato in grado di formulare la sua domanda sul punteggio al giudice di sedia e di capire le sue risposte. Entrambi si sono ritrovati a un punto morto, incerti su come procedere. Per fortuna un volontario del torneo ha alzato tre dita per indicare "30", e il giovane tennista ha capito.

Duck-hee Lee

Senza ascoltare il suono della pallina

Non è solo una questione di comunicazione per Lee, sordo dalla nascita (situazione confermata da alcune visite specialistiche all’età di due anni), dunque non in grado di fare affidamento su aspetti base che gli altri giocatori danno per scontati. Qualsiasi persona abbia praticato il tennis sa bene quanto sia fondamentale l’udito, probabilmente più che in molte altre discipline. Il suono della pallina, diverso a seconda che sia colpita piatta, in slice o in top dalla racchetta, costituisce parte integrante del processo di reazione, aiutando un giocatore sia a capire in quale modo rispondere all’avversario sia a rendersi conto di quanto il proprio colpo sia stato efficace. Eppure il giovane asiatico è riuscito a trarre vantaggio dalla sua condizione, in quanto riesce a mantenere la concentrazione a lungo - nel suo palmares 11 titoli Futures ITF e due finali Challenger: a Kaohsiung nel settembre 2016 e a Little Rock a giugno dello scorso anno - e durante le partite non viene minimamente distratto da tutto quello che lo circonda. Se è arrivato ad essere un professionista della racchetta, lo deve anche alla perseveranza dei genitori, che lo hanno cresciuto mantenendo sempre un contatto con i bambini normodotati, per permettergli in futuro di raggiungere una sua indipendenza e un’emancipazione che molti altri ragazzi con forme acute di sordità faticano ad avere.

L’approccio con il tennis a 7 anni

Nato il 29 maggio 1998 a Jecheon, città a due ore di distanza dalla capitale Seul, quando aveva quattro anni Duck-hee venne iscritto a una scuola per non udenti di Chungju, senza però alloggiare nelle residenze offerte dall’istituto. Il bimbo infatti frequentava anche corsi pomeridiani in un normale istituto scolastico, per dargli la possibilità di frequentare anche ragazzi normodotati. Lee, tra le altre cose, non ha mai imparato la lingua dei segni ma sa leggere il labiale alla perfezione, per via delle esercitazioni fatte con la madre Park Mi-ja fin da piccolo.

Il padre Lee Sang-jin, molto appassionato di sport, lo incoraggiò a provare diverse discipline, per forza di cose individuali, come il golf e il tiro con l’arco, ma alla fine, vedendo il cugino giocarci, Lee chiese di poter provare il tennis a 7 anni, e poi non smise più. Si rivelò subito molto portato ma i suoi maestri, pur riconoscendogli abilità fuori dal comune per un ragazzo della sua età, furono inizialmente scettici a causa della sua sordità.

Il successo all’Eddie Herr e il sostegno della Hyundai

I genitori, vedendo il tennis come un’enorme opportunità nel futuro del figlio, continuarono comunque ad incoraggiarlo e a fornirgli tutto il sostegno necessario a proseguire nell’attività. Lee si fece una reputazione prima nei tornei scolastici, poi nei primi tornei giovanili di livello nazionale. E un ulteriore impulso al sogno di diventare un giocatore arrivò nel 2010, quando vinse l'Eddie Herr Championships, una sorta di campionato del mondo riservato agli Under 12. A tredici anni i successi di Lee e la sua storia erano già diventati molto conosciuti in Corea del Sud, tanto che la Hyundai, una delle più importanti multinazionali del Paese, decise di offrirgli una sponsorizzazione, fondamentale nel percorso verso l’indipendenza del giovane. Mentre frequentava le scuole superiori iniziò a farsi seguire da un allenatore di tennis sudcoreano, Park Kyung Heoon. Per capirsi e quindi allenarsi insieme, Heoon dovette abituarsi a comunicare in un certo modo, aiutandosi con dei segni e parlandogli sempre faccia a faccia, per farsi leggere le labbra.

Duck-hee Lee colpisce di diritto

Il sudcoreano Duck-hee Lee

“Non voglio compassione o​essere trattato come un giocatore diverso”

Ovviamente la sua storia è un paradigma, specie per tanti disabili. “Però io vorrei essere giudicato solo per quello che faccio sul campo – sottolinea – non sono andato a scuola perché giro il mondo, ma i miei amici mi considerano uno di loro. Non pensano alla mia disabilità e tra noi comunichiamo senza problemi. Non vorrei che la mia carriera fosse considerata come uno strumento per superare una barriera. Io voglio soltanto fare del mio meglio”.
Intanto in campo c'è chi continua a parlargli: "Allora io mi indico l'orecchio, per far capire che sono sordo. Non voglio compassione. Né essere trattato come un giocatore diverso. Sono un professionista del tennis. Punto".

Loading...

Altri articoli che potrebbero piacerti