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L'ex tennista romano ha visto crescere l'attuale numero uno azzurro sui campi del Canottieri Aniene. Tra i due c'è tuttora una grande amicizia
di Stefano Izzo | 12 dicembre 2019
Ma con la famiglia Berrettini il fil rouge va ben al di là del campo ed è tuttora saldissimo. Un’amicizia nata ai tempi del Canottieri Aniene e consolidata negli anni anche oltre il tennis. Cipolla ha assistito all’intera evoluzione di Matteo. Dal bambino che si affacciò carico di sogni sui campi in riva al Tevere, fino al ragazzone che ha strabiliato il mondo a suon di ace e dritti fulminanti. “Giocavo già per l’Aniene quando Matteo è arrivato – ricorda Flavio – E’ sempre stato, fin da ragazzino, molto maturo rispetto ai suoi coetanei. Era come una spugna, sempre attento a cogliere il meglio da ogni situazione. Quando aveva 16 anni ed io ero tra i Top 100, mi chiedeva consigli, cercava di carpire qualsiasi aspetto che potesse essere utile per la sua formazione. Aveva in mente un obiettivo chiaro e lo ha sempre perseguito. Questa sua attenzione e fame di apprendere gli hanno permesso di arrivare dove è ora. Ed oggi, quando lo vedo in campo, ritrovo la stessa attitudine ad imparare e trarre insegnamenti da ogni match. E’ un ragazzo molto intelligente e se si è spinto fin lassù, lo deve non soltanto al suo braccio ma anche e soprattutto alla sua testa”.
“Un successo all’improvviso” lo hanno definito i più. Ma chi ha visto crescere Matteo e forgiarsi giorno dopo giorno non è così sorpreso. “E’ vero, nell’ultimo anno Matteo ha fatto dei progressi incredibili, – chiarisce Cipolla – ma ho sempre confidato che potesse diventare molto forte ed arrivare a livelli top. Nella testa di un giocatore ad un certo punto scatta qualcosa. Lui ha preso enorme consapevolezza dei suoi mezzi negli ultimi mesi ed ha tirato fuori le grandi qualità che ha coltivato nel tempo. Fa un po’ effetto pensare che appena due anni fa vincevamo insieme la finale scudetto con l’Aniene ed ora è entrato trai primi 10 giocatori al mondo fino a qualificarsi per il Master di fine anno. Abbiamo giocato tanti doppi insieme in serie A, quando lui tentava di emergere a livello Challenger ed io ero ancora nel circuito. Ma ripeto, vederlo ora a soli 23 anni numero 8 del mondo non lo considero un miracolo. Matteo si trova lì perché è il suo livello”.