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Vi racconto Tsitsipas: dalla B col Galatina alla Top10

L’ex compagno di squadra Lo Priore parla del fenomeno greco: “Talento cristallino fin da ragazzino, allenava anche la mente con giochi di strategia”

di | 20 novembre 2019

Pierdanio Lo Priore e Stefanos Tsitsipas

Faccia da bravo ragazzo, talento smisurato e tanta dedizione. Un gioco che coniuga la bellezza anacronistica del gesto tecnico all’indispensabile consistenza del colpo, prerogativa fondamentale per essere competitivi nel tennis moderno. Un ragazzo con la testa sulle spalle che ha saputo gestire l’altalena emotiva dei successi giovanili senza snaturare il proprio essere, continuando ogni giorno ad alzare l’asticella, con la fame di arrivare tipica di chi vuole farcela.

Stefanos Tsitsipas, 21 anni compiuti lo scorso 12 agosto, è da pochi giorni il nuovo vincitore delle Atp Finals, torneo riservato agli 8 giocatori più forti del mondo. Ecco le parole di Pierdanio Lo Priore, compagno e amico del talento di Atene ai tempi del campionato nazionale di Serie B e di Serie A, tra spunti e curiosità dentro e fuori dal campo.

Pierdanio, hai vissuto la vita di campo con Stefanos nel campionato a squadre intrapreso col CT Galatina. Si intravedeva già al tempo tutto il suo potenziale?
“Era il 2014 quando io e Stefanos arrivammo al Circolo Tennis Galatina come nuovi innesti della squadra. Al tempo il circolo militava nella Serie B, ma la dirigenza aveva forti ambizioni di promozione e Stefanos si è rivelato subito fondamentale per l’obiettivo che ci eravamo prefissati. Tutti notammo subito un talento cristallino, quando impattava la palla si percepiva qualcosa di magico nell’aria difficile da spiegare. All’inizio data la sua età (15 anni, ndr) ci andammo cauti, ma le movenze e l’attitudine erano tipiche di chi sarebbe diventato uno dei più grandi giocatori della storia del tennis. Mi sento di ringraziare il presidente Giovanni Stasi e suo figlio Mario, che hanno scovato questo piccolo ragazzo greco da Atene riuscendo a portarlo in una piccola realtà come Galatina”.

Addetti ai lavori raccontano di uno Tsitsipas estremamente metodico e dedito alla cura dei dettagli. Quanto ha influito la figura del padre-allenatore? Hai conosciuto Apostolos?
“Sì, Stefanos è sempre stato un ragazzo quadrato e attento a tutti i dettagli. Caratterialmente è così di natura, ma il padre ha giocato un ruolo fondamentale sin dai primi anni di attività. Apostolos era insegnante di educazione fisica nella scuola primaria greca, ma quando con l’aiuto di uno sponsor ha avuto la disponibilità di investire sul figlio non ci ha pensato due volte. Non si è mai perso una partita di Stefanos, che fosse in casa o fuori era sempre lì ad incitarlo e a dispensare consigli. A volte discutevano anche animatamente tra un punto e l’altro, ma l’intento è sempre stato quello di una persona che sapeva di avere tra le mani un qualcosa di raro. Il lavoro del papà è stato incredibile, era a tutti gli effetti la sua ombra”.

Puoi raccontarci un aneddoto che riguardi lo Stefanos di quegli anni?
“In quegli anni non si staccava mai dall’iPad. Che fosse a pranzo, a cena o dopo gli allenamenti il pensiero di Stefanos era sempre quello. Sia il padre che la madre lo rimproveravano spesso, ed anche io nel mio piccolo cercai di capire il motivo di quella che a tutti gli effetti sembrava una dipendenza. Lui mi diede una risposta che penso sintetizzi l’essenza dei suoi successi odierni e futuri: mi disse che si dilettava con giochi di strategia per poi avere vantaggi nel rettangolo di gioco, che lo aiutava a tenere allenata la mente per scovare la giusta tattica da apportare contro avversari sempre diversi. Stefanos era in continuo allenamento, anche quando all’apparenza sembrava solo rilassarsi. Può sembrare assurdo, ma quando mi disse così lo lasciai stare perché era convinto che lo aiutasse”.

Avete giocato diversi doppi insieme. Qual’era il colpo su cui faceva più affidamento? Il rovescio ha subito un cambiamento nel passaggio da Junior a Pro, ora il rovescio “coperto” è diventata un’arma fondamentale del suo tennis.
“I primi due anni non perdemmo mai una partita, insieme eravamo una sicurezza (ride,ndr). Di solito giocavo io a sinistra e lui a destra, perché in quel momento tra i due ero quello con più esperienza avendo immagazzinato anche qualche punto Atp. Il servizio e la volèe erano i colpi su cui Stefanos faceva più affidamento, ma la sua forza sono sempre state le variazioni di gioco riuscendo a dare pochi punti di riferimento all’avversario. Nonostante fosse esile aveva una pesantezza di palla che metteva in difficoltà qualsiasi tipo di giocatore, anche quelli più dotati fisicamente di lui. Il rovescio adesso è diventata un’arma fondamentale, apre il campo come vuole con quel fondamentale, mentre prima la sua statura fisica e la muscolatura ancora poco sviluppata non lo aiutava. Ora che è cresciuto ha più stabilità e forza nelle gambe, fondamentali soprattutto per chi gioca il rovescio ad una mano”.

La sensazione è che il greco abbia una naturale predisposizione nel timing sulla palla.
“Sì, quello è un dono innato. Il timing sulla palla già allora era incredibile, essendo molto piccolo si appoggiava benissimo sui colpi di avversari più strutturati riuscendo a sopperire alla grande. Come accennavo prima, una delle più grandi qualità di Stefanos è sempre stata non dare punti di riferimento all’avversario, venendo spesso a rete e giocando spesso serve and volley. Già allora capiva che la chiave non era il braccio di ferro, ma cercare di avere un tennis imprevedibile e completo, cosa abbastanza rara nei giovani di oggi. Questo nel passaggio da Junior a Pro lo ha aiutato tantissimo, quando giochi contro di lui ti accorgi che prima di impattare si posiziona in modo tale da poter fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, quindi leggere le sue traiettorie o anticipare una sua idea è veramente complicato”.

Ultima domanda: in allenamento sei mai riuscito a batterlo?
“Sì, soprattutto quando aveva 15 anni (ride, ndr). In quei momenti era sicuramente più facile, ho avuto modo di rigiocarci nel 2016 e riuscii a spuntarla in un tie-break finale a 10. Non ricordo come, in quanto lui era in grande ascesa, intorno alla 200esima posizione del ranking, e la palla gli pesava tremendamente. Diciamo che è stata una piccola soddisfazione, quella più grande rimane aver visto crescere un ragazzo fantastico che si merita tutto questo e molto altro”.
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