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Uno straordinario ragazzo normale

A 18 anni ancora da compiere Jannik Sinner ha vinto a Lexington il suo secondo titolo challenger regalandosi un best ranking da favola. Ha l'esuberanza della gioventù e la maturità del veterano ma soprattutto gioca davvero bene

di | 05 agosto 2019

Dopo il successo nel challenger di Lexington 2019

Siamo tutti figli della nostra meravigliosa Italia. Che è tutta bella e ricca, dalla punta più settentrionale alla punta più meridionale dello Stivale. Ma, senza banalizzare, senza rifugiarsi negli stereotipi, le caratteristiche dei creativi, effervescenti, allegri, ma magari discontinui siciliani sono, in generale, diverse da quelle degli ordinati, silenziosi, meticolosi, ma magari più lineari altoatesini. Sarà il clima, sarà l’aria, sarà la cultura, sarà tutto insieme, ma in fondo noi sappiamo che è così. E questa realtà si bacia col primo pensiero che salta alla mente guardando Jannik Sinner, non solo leggendone nome e cognome ed ascoltandone l’inflessione. Al di là dei colori, perché anche nel profondo Sud che ha subito tante invasioni, si possono trovare capelli e carnagioni così, c’è una caratteristica che spicca subito: il ragazzo è quadrato, freddo, disciplinato, serissimo. Di più: il ragazzo di San Candido compie diciotto anni soltanto il 16 agosto, ma non si agita mai, non si arrabbia, non butta via racchette, parolacce ed energie nervose. Anche se, lo ammette, dentro di sé vive le stesse identiche sensazioni dei coetanei che invece si scaldano prima, durante e dopo quella terrificante seduta dallo psicanalista che è una partita di tennis. Troppo dura per chi passa le ore a chattare, interpretando un moj (una faccina), un tempo di risposta all’ultimo messaggio, o rincorrendo velocissimi pixel di qualche giochino satanico.
Jannik è esattamente come loro, ma fa tutto con moderazione, gestendosi come un veterano, concentrandosi sul momento, senza volare al dopo, senza distogliere mai occhio ed attenzione dal grande obiettivo. Così, ha convinto subito quel grande, esemplare, educatore di Massimo Sartori a prenderlo per mano da lassù, sui monti, e a fargli saltare i primi anni di scuola per andare subito all’università, a valle, alla Riccardo Piatti Academy di Bordighera, dal guru del tennis “de noartri”, ed essere affidato a un ex pro affidabile come Andrea Volpini. Così, sta bruciando le tappe, senza i facili aiutini (wild card per i tornei maggiori) che hanno - ahinoi - contraddistinto altri, troppi, talenti precoci. Transitando, giustamente, per i tornei Challenger, ma impegnandosi al massimo, succhiando ingordamente tutte le esperienze utili, e vincendoli. Per scalare quindi inesorabilmente la classifica, fondando su pilastri solidi e duraturi come i suoi principi, come le sue montagne, come gli insegnamenti dei suoi genitori. Che, già dal nome, Siglinde ed Hanspeter, fanno pensare a gente solida e determinata, come il loro lavoro quotidiano, in un rifugio della Val Fiscalina. Solido, come il primo dato che Wikipedia sottolinea di lui: è il più giovane tennista italiano di sempre ad aver vinto un torneo Challenger, e uno degli appena tre, al mondo, ad essersene aggiudicati due prima di compiere i diciott’anni.

Ma le vittorie, i record, i tornei, le partite che si accavallano e si accavalleranno nella carriera del ragazzo che ha scelto di deragliare dallo sci agonistico per vivere lo spirito più giocoso del tennis, sono numeri, dati. Come le rimonte, come le rivincite sugli avversari che l’hanno appena battuto, come le esperienze nei tornei sempre più importanti, da Roma agli Slam, in una scalata che è davvero impressionante. E che sarebbe sicuramente ubriacante per tanti. Ma non per il ragazzo di San Candido che s’è scelto la compagnia ideale per questo delicato percorso di gloria. Da Bergamo a chissà dove.

Jannick non è come gli altri aspiranti stregoni del nostro tennis: ha scelto di lasciare lo sci dopo aver vinto dagli 8 ai 12 anni, ha scelto di lasciare casa a 13 anni, ha scelto di abbandonare i tornei juniores a 14 anni, ha scelto di darsi ventiquattr’ore al giorni al suo sogno. Non è come Stefano Pescosolido, oggi validissimo tecnico e telecronista, che, nel 1989, trent’anni fa, apriva il libro dei primati aggiudicandosi un torneo Challenger, da junior. Il ragazzo ciociaro aveva saltato l’asticella un mese prima della maggiore età, quello altoatesino c’è riuscito a diciassette anni e mezzo. Ma la differenza non sta nei mesi, quanto nei modi, nella coscienza di sé, nelle prospettive che differenziano un ragazzino da un uomo. E, quindi, nella eclatante differenza di completezza e maturità. Stefano era e resta una persona dolcissima, buona, che aveva avuto in dono la dinamite nel braccio, per l’uno-due servizio-dritto. Ma quasi se ne meravigliava perché non poteva gestirla con pari cattiveria agonistica, con eguale velocità di pensiero e di azione. “Pesco” non aveva davanti a sé l’infinito; Jannik ha lo sguardo determinato, il retro-pensiero, la forza dei forti. 

Filippo Volandri, oggi super-tecnico Fit e “talent” tv, fu anche lui un talento precoce, a 19 anni, ma ha avuto una sola dimensione, non s’è completato come avrebbe dovuto. E come pretende oggi Sinner, prima di tutti con se stesso. Così com’è stato per altri tennisti italiani che si sono affacciati prestissimo sulla scena da protagonisti, mancando però di un progetto vero, di un percorso proprio, di una libertà totale e di una dedizione totale, cieca. Tutte caratteristiche che accompagnano invece Jannik, votato a santo Federer da Basilea.

Peccato, perché abbiamo visto eclissarsi troppo presto, rispetto alle potenzialità, anche Massimo Valeri e Daniele Bracciali e Massimo Ardinghi. Per esempio. Abbiamo tutti forti dubbi sulla completa realizzazione di Omar Camporese, pur coi limiti fisici e gli infortuni che hanno caratterizzato un altro dei talenti precoci del tennis italiano. Qualcuno può affermare che il bolognese, che ha tenuto testa a Boris Becker all’acme e ha battuto Ivan Lendl numero 3 del mondo in finale a Rotterdam, avesse la testa di Sinner? La possedevano Francesco Cancellotti, Renzo Furlan ed Andrea Gaudenzi, ma dovevano anche coesistere con troppi buchi neri. Limiti di fisico, di tecnica, di tattica che Jannik da San Candido vuole assolutamente colmare con la sua personalità, per non rimanere una grande promessa con un gran rovescio e la straordinaria capacità di restare calmo davanti alle difficoltà. E alla paura. Che prende tutti, ma proprio tutti. Figurati a 17 anni.

L'altoatesino Jannik Sinner, protagonista azzurro delle Next Gen Atp Finals di novembre 2019

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